IRI (Istituto di ricostruzione industriale) 1945-1968: l'età dell'oro
Dopo il disastro della seconda guerra mondiale le aziende IRI, smantellato l’apparato industriale militare dimostratosi globalmente carente, cercano di adattarsi immediatamente alla nuove condizioni del mercato.
L’epurazione dei dirigenti coinvolti nelle vicende del fascismo è parziale: paga per tutti Agostino Rocca (Dalmine, Ansaldo), mentre vengono recuperati Reis Romoli (Stet) e Oscar Sinigaglia (Finsider) che, benché filofascisti (come quasi tutti i dirigenti), erano stati emarginati durante il fascismo in quanto ebrei.
La destra (Liberali e repubblicani) è per sciogliere l’IRI (in quanto eredità del fascismo e rappresentazione di una invasione dello stato nell’economia) mentre la sinistra e cattolici sono per la conservazione, e questa impostazione prevale.
Un primo tacito accordo in funzione anticomunista dà ai cattolici con Prof. Dell’Amore il controllo delle Casse di risparmio e delle Banche Popolari a supporto della piccola industria, ma all’establishment laico–liberale l’alta finanza, l’editoria, l’industria nazionale (Cuccia-Mediobanca, Mattioli-Banca Commerciale e banche IRI).
Un secondo tacito accordo per evitare la concorrenza tra industria pubblica e privata conferma le scelte strategiche compiute dall’IRI prima della guerra: l’industria pubblica, capital intensive, (IRI: acciaio, rete telefonica, elettricità, Agip-Eni petrolio, metano, fertilizzanti) si concentrerà nella produzione di manufatti primari per il mercato interno. L’industria privata si specializzerà nella trasformazione dei manufatti di prima lavorazione in beni durevoli e consumi da destinare sia al mercato interno sia a quello internazionale. L’accordo è da intendersi “non in supplenza del capitalismo italiano,ma in una tacita suddivisione dei compiti”. Il centrismo di De Gasperi non interferisce nelle decisioni dei manager pubblici che aumentano sia il fatturato, sia l’occupazione, sia gli utili delle aziende amministrate.
Gli aiuti americani del piano Marshall sono utilizzati per modernizzare e rafforzare i settori siderurgico, elettrico, petrolchimico, meccanico. Inoltre in quegli anni si afferma la liberalizzazione degli scambi in Europa (premessa all’Unione Europea) che si tradurrà in un accordo commerciale (Italia, Francia, Germania e Benelux, nel 1957 con la costituzione del Mercato Comune Europeo) che permetterà in questi paesi la libera circolazione delle merci,delle persone,dei servizi,dei capitali.
Tra il 1950 ed il 1970 il tasso medio di crescita del PIL in Europa occidentale è del 5,5% e la produzione industriale triplicherà. L’Italia con il suo miracolo economico farà ancora meglio (circa 1% in più). Lo sviluppo si arresterà nel 1973 con la prima crisi petrolifera. L’IRI partecipa a pieno titolo allo sviluppo dell’economia italiana.
Si verifica in quegli anni la rottura di quell’equilibrio dei bassi consumi”che era stato una costante della nostra storia precedente per incamminarsi nella società dei consumi sul modello americano (diminuisce l’incidenza della spesa per alimentazione ed aumenta la spesa per la casa,salute,istruzione e trasport
La terza via democristiana
Con l’ascesa di Fanfani al vertice della DC,negli anni ‘50 si afferma la terza via democristiana: spetta al potere politico il compito di indirizzo vincolante per le imprese pubbliche, intese come mezzi per una regia pubblica dell’economia, con politiche keynesiane, e di indirizzo di mercato (riequilibri settoriali, riequilibrio nord-sud, gestione anticiclica).
L’Art.3 della legge istituiva del ministero dell PPSS istituito nel 1956 obbligava le società di gestione ad operare secondo criteri di economicità della gestione che tradotto significava”il massimo risultato con il minimo costo”.
Il principio di economicità poteva dare luogo a varie interpretazioni ma delimitava la” buona gestione “dell’Ente secondo valutazioni che tenevano una posizione intermedia tra la figura privatistica “del buon padre di famiglia aperto al libero mercato” e quella pubblicistica” in cui prevaleva l’interesse pubblico suggerito dalla politica”
(un occhio di riguardo al politico di turno al di là dei principi di economicità: clientelismo)”
L’IRI aveva ottenuto per legge un fondo di dotazione e gli utili netti di gestione dovevano essere ripartiti per il 65% al Tesoro dello Stato a rimborso del fondo di dotazione (sino al 1960 IRI non avrebbe versato nulla) il 20% di norma alla formazione di un fondo di riserva ordinario.
Infine, la legge n.634 del 1957 faceva obbligo di localizzare nell’Italia centro meridionale una quota non inferiore al 60% degli investimenti destinati alla creazione di nuovi impianti industriali e non inferiore al 40% degli investimenti totali.
Alcuni gruppi per evidenziare i risultati negativi derivanti dall’obbligo di investire al SUD costituiscono nuove società apposite per la gestione degli investimenti allo scopo di ottenere maggiori contribuzioni oltre al fondo di dotazione.
Mediante questa procedura le contribuzioni ottenute divennero sovvenzioni(costante ripianamento delle perdite)
Si era così codificata la terza via democristiana ed al condizionamento dei manager pubblici miranti a soddisfare il potere pubblico con la creazione di posti di lavoro (clientes) ma non di valore: il deficit era scaricato sulla collettività, il politico ne beneficiava con i voti. Questa condotta imprenditoriale portò risultati disastrosi negli anni 1970 quando l’agguerrita concorrenza internazionale, l’impossibilità di ridurre la forza lavoro, i negativi risultati economici asservì i manager pubblici ai politici.
La struttura dell’IRI
Le partecipazioni dell’IRI erano strutturate in una serie di Holding di settore che a loro volta controllavano le società operative: Banca commerciale Italiana, Credito Italiano, Banco di Roma, Fincantieri ( costruzioni navali) operanti in un mercato domestico e semimonoplio; Finsider (siderurgia), Finmeccanica (AlfaRomeo), aerospaziale, SME (alimentare), Finelettrica (microelettronica) operano sul libero mercato internazionale; Finsiel (Software) Alitalia (un modello di efficienza e di profitti negli anni ’60) Finmare, Autostrade ( trasporti), Cementir (produzione cemento), RAI, STET (telecomunicazioni), dal 1950 al 1965 aumentarono il fatturato di 12 volte operano come “concessionari” per legge di fatto sono monopolisti. Circa un migliaio di aziende erano più o meno direttamente controllate con un aumento costante della forza lavoro
Dipendenti IRI 218.529 (1950) 256.967 (1960) 357.082 (1970)
Neglia anni 60 IRI era terza per utili, solo dopo Fiat ed Edison.
La Finsider di Oscar Singaglia
Lo spettacolare successo di Finsider fu dovuta a Oscar Sinigaglia (figura complessa di imprenditore dell’acciaio, politico illuminato,) che infuse in tutti il suo entusiamo.
L’accentramento della produzione in grandi e moderni stabilimenti industriali permise l’allineamento (per la prima volta) ai costi siderurgici internazionali (nel 1956 l’Italia divenne esportatore netto) e lo sviluppo sostenuto incondizionatamente dall’industria meccanica e automobilistica (Fiat.Valletta lo appoggiò incondizionatamente), ferroviaria,navale
Anni 1951 1963
Ghisa 952.615 3.740.665 ( l a quasi totalità pubblico)
acciaio 3.740.665 10.156.532 ( 70% pubblico)
Taranto
L’Alfa Romeo di Giuseppe Luraghi
Anno 1910 1919 1937 1950 1982Arese 1982 Pomigl.
Dipendenti 300 2.200 6.000 6.000 22.000 8.000
Dopo la seconda guerra mondiale l'Alfa Romeo ricominciò a fabbricare automobili tornando a realizzare profitti e concentrando la produzione in veicoli sportivi di massa piuttosto che in vetture di lusso costruite a mano e in motori aerei. Gli anni cinquanta si produssero due modelli di auto, i primi costruiti in catena di montaggio, destinati a fare storia, la 1900 e la Giulietta (pantere della Polizia). Nel 1954 la compagnia sviluppò il famoso motore bialbero Alfa Romeo, che rimase in produzione fino al 1998.
Un’Alfa Romeo Giulia 1300
Ma il grande capitano d’industria fu Giuseppe Luraghi che trasformò la fabbrica artigianale del Portello in un moderno stabilimento produttivo di automobili con la collaborazione dell’amico Francesco Quaroni abile organizzatore del piano di fabbricazione della Giulietta. Dal 1961 anno in cui giunse Luraghi al 1972 (estromesso dal Ministro De Mita per aver rifiutato un altro investimento dopo l’Alfa Sud ad Avellino, suo feudo elettorale) i bilanci furono sempre in attivo nonostante i forti investimenti ed ammortamenti. Nel ’73 l’Alfa produceva 200 mila automobili giudicate al top nel proprio segmento di mercato superiore in tutto alla BMW che ne produceva 182.000. Per fare fronte alla crescente produzione si costruì lo stabilimento di Arese per sostituire il Portello ed iniziò l'effettiva produzione nel 1963 con la Giulia GT, e dall'anno successivo della Giulia. A fine anni sessanta ad Arese erano iniziate delle rivendicazioni sindacali molto dure con scioperi e manifestazioni; gli operai ottennero svariate conquiste e lo stabilimento si meritò l'appellativo di "Cattedrale dei Metalmeccanici".
1956 Autostrada del Sole. L’ideavincente: il pedaggio (autofinanziamento)
Francesco Aimone Jelmoni, nato a Milano nel 1910 morto nel 1994, laureato in ingegneria civile al Politecnico di Milano. Dal 1943 al 1960 insegnante al Politecnico ed alla Cattolica . Oltre ad insegnare avrà un' intensa e straordinaria attività professionale, compresi gli studi e i progetti per l' Autostrada del Sole. E nel 1965 gli verrà assegnato il Premio Internazionale delle Comunicazioni Cristoforo Colombo, una sorta di Nobel per i trasporti che per la prima volta andrà ad un italiano.
Il 4 ottobre del 1964 viene aperto l' ultimo tratto di autostrada tra Orvieto e Chiusi . Il costo dell' Autostrada del Sole, 755 chilometri, è stato di 270 miliardi di lire (preventivo 184). Milano e Napoli sono sempre più vicine( bastano 10 ore di viaggio contro le 24). L' Italia è sempre più unita. La sfida è stata vinta..Il concetto informatore dell’Autostrada del Sole aveva un duplice fondamento: l’A1 avrebbe dovuto, infatti, costituire una grande arteria longitudinale, una grande fiume che avrebbe raccolto con i suoi affluenti anche il traffico laterale degli Appennini per convogliarlo sull’asse Nord-Sud dove erano dislocate tante città importanti,“il fine primario dell’A1– si legge nei documenti di Autostrade - era quello di realizzare un collegamento facile, economico ed efficiente fra Nord e Sud, nell’ottica di recuperare lo svantaggio economico”. La società Autostrade, finanziata al 36% dallo stato, il resto emettendo obbligazioni trentennali, infatti seguiva direttamente lo studio dei progetti preliminari, la provvista dei mezzi finanziari, l’acquisizione dei terreni, la gestione delle autostrade ed utilizzava imprese esterne dando loro in appalto la progettazione esecutiva e la realizzazione dei lavori. L’ingegno dei progettatori partorì soluzioni di avanguardia (Ponti, viadotti, gallerie), nonché macchinari speciali per attraversare un territorio molto complesso per le caratteristiche geografiche e geologiche dei terreni attraversati. Uno studio costi benefici economici effettuato nel 1981 evidenziava che gli introiti netti di impresa 8.410 miliardi di lire di cui 5.295 imputabili al trasporto merci. Il totale dell’introito del traffico merci corrispondeva al 60% del totale, superiore al 40% preventivato.
Petrilli (la teoria degli oneri impropri)
Petrilli fu presidente dell’IRI per quasi vent’anni, dal 1960 al 1979, attraversando sia il periodo del “miracolo economico” che quello della crisi. Benchè si opponesse all’invadenza dei politici, (il faraonico piano siderurgico per Gioia Tauro e l’acquisto delle Condotte dal Vaticano) subì la meridionalizzazione dell’Istituto e la localizzazione dei nuovi stabilimenti nel Sud teorizzando una forma di indennizzo per le sue società sotto forma di ”oneri impropri”. Fino agli anni ’60 l’IRI era indicato come modello positivo di intervento dello stato in economia, ma dopo il 1970 i bilanci cominciarono a peggiorare. Dopo le sue dimissioni fu assolto per prescrizione dalla’accusa di falso in bilancio.
tratto da:
Ascesa e declino dell’IRI - Istituto per la Ricostruzione Industriale 1933 -2002
pubblicati anche sul blog storico www.e-storia.it
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