Il bilancio politico (opinabile) di Umberto Ambrosoli
In un’intervista rilasciata ad Affaritaliani per spiegare le sue dimissioni da Consigliere Regionale, Umberto Ambrosoli, nel fare il bilancio della sua iniziativa politica, ha sostenuto che: “A me sembra che il Patto Civico, inteso non come un partito, forma dalla quale anzi l’abbiamo difeso, ma come civismo consapevole e impegnato, non solo sopravvive, ma si sia rafforzato. La politica non organizzata ha sempre più esempi di successo”. E come esempio porta il successo al Comune di Segrate dove è diventato sindaco Paolo Micheli, anche lui in precedenza consigliere regionale dello stesso gruppo.
Che la politica non organizzata produca successi appare a chi scrive quantomeno un azzardo. Sempre che ci si metta d’accordo su che cosa significa politica. Se politica significa aggregare persone, a partire da un mix di valori e interessi, per perseguire dei cambiamenti auspicati, la non organizzazione è tutto meno che un valore. Ci può essere un’organizzazione che sopravvive per un po’ di tempo senza una propria visione del futuro e delle priorità da affrontare, ma non c’è politica senza una qualche forma di organizzazione. La si chiami partito, movimento o altro, la politica ha bisogno di un’organizzazione, dal greco organon: strumento. Che ovviamente cambia con il cambiare dei tempi. L’aver pensato che fossero sufficienti alcune, giuste battaglie all’interno del Consiglio Regionale, piuttosto che un lavoro capillare di raccordo tra queste battaglie e le diverse esperienze civiche nate in tante realtà, spegnendo o raffreddando le disponibilità che si erano mobilitate nella campagna elettorale del 2013, lascia il civismo lombardo in una condizione di maggior debolezza, soprattutto in previsione delle elezioni del 2018.
L’assenza del Patto Civico nei territori è purtroppo la sconfortante conferma di questa mancanza. E’ mancata, per scelta, una visione d’insieme della realtà regionale che si voleva rappresentare, forse per non infastidire il PD, con la conseguenza, ben più grave, però, di rendere debole anche il confronto nei territori con le idee e le decisioni dei partiti di centro-destra che governano la Regione. Accettando il ruolo ancillare, che a suo tempo fu quello della Sinistra indipendente nei confronti del PCI, è venuta meno la capacità di elaborare una visione e un programma in grado di interpretare autonomamente una possibile alternativa, in primo luogo culturale, al governo del centro-destra, oltre che di stimolare la riflessione e la stessa iniziativa del proprio alleato. La crisi dei partiti, nessuno escluso, è sotto gli occhi di tutti. Il calo costante degli elettori è un esplicito segnale delle difficoltà dei partiti, M5S compreso, nel mantenere legami, dando rappresentanza, a componenti sociali sempre più ampie della società lombarda. La competizione elettorale, oggi, purtroppo, si vince come in una gara di gamberi, ovvero andando più lenti nel calo dei consensi rispetto agli avversari. Il Civismo, invece, proprio perché legato a un rapporto diretto con specifici problemi delle singole comunità, rappresenta tuttora una possibilità per ricostruire una fiducia nei confronti delle istituzioni, a partire da un rinnovato rapporto tra politica, intesa come gestione della cosa pubblica, e partecipazione.
Per superare il localismo ha, però, bisogno di definire valori e programmi capaci di massimizzare il protagonismo e la responsabilità delle persone, singole od organizzate, e delle specifiche realtà territoriali, avendo consapevolezza, nello stesso tempo, di uno scenario più ampio, che condiziona anche la vita quotidiana dei territori.
Il Civismo, di cui ha un gran bisogno la Lombardia, o è glocal, ovvero al tempo stesso locale e globale, o semplicemente non è. Un’elaborazione che il Patto Civico, purtroppo, non lascia in eredità e che, seppur con fatica, andrà messa a punto, non solo e non tanto per impostare e cercare di vincere una campagna elettorale a sostegno di un nuovo candidato, ma per rimotivare i tanti che, sulla base di molte, positive esperienze nel mondo, restano convinti che la partecipazione, nella società della conoscenza, sia il vero strumento strategico per perseguire il progresso civile e sociale.