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Globalizzazione, hi-tech e bolla dei bond: siamo nel 2016? No, nel 1896



Le analogie tra i due periodi storici (2016 e 1896) si sprecano, come Globalizzazione, rivoluzione tecnologica, eccesso di risparmio e disinflazione ventennale che torna lentamente a diventare inflazione. E una bella bolla obbligazionaria. Sembra la cronaca del presente dell’economia mondiale. Invece siamo andati con la macchina del tempo indietro di circa 120 anni, alla fine del XIX secolo.ha notato Laurence Mutkin, capo strategist di Bnp Paribas per quanto concerne i tassi. Tra il 1873 e il 1896 i prezzi crollarono di circa il 40%, nota l’analista, grazie all’incremento del commercio internazionale, a sua volta trascinato dagli effetti della rivoluzione tecnologica su trasporti, comunicazione e industria mineraria. Ma il miracolo di aumentare gli scambi si dovette soprattutto alla riduzione delle barriere commerciali. Un primo esempio di globalizzazione, insomma, simile per molti versi a quello che stiamo vivendo, avviato dopo il 1989 con il crollo dell’Unione sovietica.


Attenzione perché le analogie non si fermano qui. Le due forze che stanno ridando fiato a inflazione e tassi oggi sono molto simili a quelle che soffiarono sul vento del carovita allora. Esaminiamole in dettaglio. La prima fu allora rappresentata da un incremento della liquidità mondiale, dovuta alla scoperta di nuovi giacimenti d’oro in Sudafrica e dal miglioramento delle tecniche estrattive. Il quantitative easing di oggi, ossia le banche centrali che stampano denaro, è qualcosa di molto simile a un’iniezione massiccia di oro in un sistema - quello di 120 anni fa - dominato dal gold standard. E quando ci interroghiamo sull'efficacia delle politiche monetarie non convenzionali, dovremmo ricordare che negli anni 1890 l’inflazione alla fine tornò a salire «ma in ritardo e indirettamente», nota Mutkin, un po’ come avviene oggi con il quantitative easing.

Il secondo “ingrediente” del ritorno dell'inflazione e del rialzo dei tassi è il protezionismo. Oggi come allora. Le barriere commerciali tornarono a innalzarsi anche negli anni Novanta dell'Ottocento, con i prezzi che accelerarono nei Paesi più determinati a imporre tariffe alte. Nel 2016 non siamo ai livelli di 120 anni fa, ma dopo cinque lustri l’entusiasmo per la grande globalizzazione sta scomparendo. Lo provano Brexit, l’ostilità al Ttip (Transatlantic Trade Partnership, l’accordo di liberoscambio atlantico) e quello al Tpp tra America e Asia, contro il quale si sono espressi sia Hillary Clinton che Donald Trump.

Inflazione e protezionismo, a loro volta, nel 1896 innescaronolentamente due pericolosi detonatori: il populismo e crescenti tensioni geopolitiche. Il primo è legato al ritorno delle barriere commerciali e, più in generale, al rigetto delle politiche economiche degli anni precedenti. Mentre i “dividendi della pace” maturati dopo il conflitto franco-prussiano e la guerra civile americana lasciarono spazio a relazioni geopolitiche sempre più tese, un po’ come accade oggi con la messa in discussione delle promesse di prosperità di una globalizzazione nata dalle ceneri della Guerra Fredda. Sappiamo tutti come andò a finire allora: dopo meno di vent’anni il mondo scivolò negli orrori della prima guerra mondiale. E stavolta?

Solo una cosa è certa: oggi come allora, dopo un ventennio di disinflazione le pressioni su inflazione e tassi stanno crescendo, e secondo Mutkin presto diventeranno l’epitaffio del secondo, grande periodo di «tassi bassi per sempre»



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