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"FORTE E SOLIDA FIDUCIA POLITICA" LEGA LA CINA ALL'ITALIA


«Una forte e solida fiducia politica» lega la Cina all’Italia. Questa rinnovata dichiarazione di stima arriva dal premier cinese Li Keqiang in un colloquio a Pechino con il presidente Sergio Mattarella (foto). Il colloquio a Pechino con il presidente Sergio Mattarella è avvenuto, a ruota, dopo l’incontro, sempre nella Great Hall of People, con il presidente dell’Assemblea consultiva del Parlamento cinese Zhang Dejiang. «L’albero sempreverde dell’amicizia tra Italia e Cina», aveva scritto Li Keqiang nel suo intervento sul Sole 24 Ore in occasione della visita di Stato in Italia nel 2014. Tre anni dopo è il Capo dello Stato italiano a rendere omaggio alla Cina.

Al tavolo nella Great Hall of People, dal lato cinese, c’è la prima linea, tutti i ministri che contano del Governo di Pechino, a dimostrazione dell’importanza data alla delegazione guidata dal Presidente italiano. Li ha anche sottolineato di avere apprezzato molto la visita di Mattarella, «politico di lunga esperienza e che dedica molta attenzione allo sviluppo delle relazioni con la Cina». Sergio Mattarella, infatti, ha già visitato Pechino nel 2004 con una delegazione della Margherita guidata da Francesco Rutelli (fresco co-presidente, insieme al viceministro della cultura Ding Wei, del Forum culturale tenuto a battesimo l’altro giorno) su invito del Dipartimento internazionale del Partito comunista cinese. Quella in corso è una visita di Stato che per il premier cinese porterà “nuove energie” ai rapporti bilaterali. Per quelli economici, intanto, c’è da prendere atto anche della chiusura di una decina di accordi a margine del Business Forum di martedì, alcuni dei quali prevedono intese interessanti con aziende di medie dimensioni che dovranno essere capaci di tutelare il loro know how. Come ha sottolineato nel suo intervento al Business Forum Licia Mattioli, vice presidente di Confindustria con delega all’Internazionalizzazione «il mercato cinese presenta ancora complessità di accesso, soprattutto per le nostre piccole e medie imprese che si confrontano con vincoli burocratico-amministrativi e barriere tariffarie e non, penalizzanti a livello operativo. In tale ambito, una ancora maggiore cooperazione tra i nostri Paesi a livello istituzionale potrà assicurare la piena realizzazione delle opportunità economiche tra Italia e Cina». Il Centro Studi Confindustria stima, infatti, che esiste un potenziale inespresso di export pari a 5,8 miliardi di dollari. E dal territorio cinese giungono, purtroppo, segnali poco rassicuranti: il Dipartimento fiscale della provincia del Sichuan, una provincia di quelle che contano per vastità geografica e peso politico, ha deciso di standardizzare gli appalti pubblici di prodotti medicali, proprio quelli così importanti per le aziende italiane della Sanità. L’elenco ufficiale valido per il 2017 introdotto dal 1 gennaio e sostanzialmente in vigore dal Capodanno cinese introduce formalmente la priorità nell’acquisto di prodotti nazionali per i farmaci e dispositivi medicali, da parte degli ospedali di fascia intermedia (categoria 2), i più numerosi, quindi, e indipendentemente dal fatto che siano classificati, per le condizioni specifiche, di tipo A, B o C. Una sorta di China First istituzionalizzato, che amplifica e istituzionalizza su larga scala decisioni spot prese da città di altre province, come il Fujian o l’Hebei. La riforma sanitaria avviata gia nel 2009 dal governo e la crescita economica della Cina ha condotto a un’espansione senza precedenti del numero di persone in grado di accedere alle cure sanitarie, con oltre il 96% del Paese ora supportato da assicurazione sanitaria nazionale, seppure con livelli differenziati di copertura. Gli anziani in Cina hanno oltrepassato nel corso del 2013 i 200 milioni, una cifra pari quasi al 15% della popolazione totale. La popolazione cinese con almeno 60 anni d’eta raggiungera i 340 milioni nel 2030. L’aumento della spesa sanitaria passerà dai 300 miliardi di euro del 2011 a circa 850 miliardi nel 2020. Per far cio?occorre migliorare la distribuzione delle tecnologie includendo gli ospedali di fascia intermedia, ovvero Livello 2 (e anche quelli di fascia base, ovvero Livello 1), rafforzare la gestione sanitaria locale (anche con la standardizzazione di percorsi diagnostici e terapeutici e l’attivazione di meccanismi di integrazione/cooperazione), migliorare la formazione del personale e la qualita?delle prestazioni negli ospedali sia centrali sia periferici (anche utilizzando la telemedicina). Se questi sono i suggerimenti degli addetti ai lavori, ebbene, la Cina sta andando esattamente nella direzione opposta.

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