Vitalizi, i tagli solo in 10 regioni: assegno salvo per 1600 consiglieri
Metà delle assemblee locali non ha applicato le riduzioni sui trattamenti degli ex consiglieri. In Sicilia record reversibilità, in Sardegna baby pensionati a 40 anni
ROMA. È una riforma a metà. Una scure rimasta a mezz'aria che non colpisce condannati per peculato, baby-pensionati quarantenni, congiunti ormai anch'essi attempati di deputati che svolsero il loro mandato nel Dopoguerra. Che ha risparmiato, all'ultima conta, un tenace e variegato drappello di 1.600 "fantasmi". Sono i sopravvissuti ai tagli della spending review deliberati per le Regioni, sono gli ex consiglieri (e i loro parenti) che dopo aver resistito alla soppressione dei vitalizi - perché questa norma è stata applicata ovunque in modo non retroattivo - hanno scansato anche la temporanea decurtazione delle pensioni. Il buon esempio. Un passo indietro: il 22 marzo scorso il consiglio di presidenza della Camera ha introdotto un contributo di solidarietà, temporaneo, a carico degli ex deputati. Il presidente della conferenza delle assemblee regionali, il friulano Franco Iacop, ha subito applaudito alla decisione di Montecitorio rammentando "con soddisfazione" che i rappresentanti dei "parlamentini" sul territorio si erano portati avanti con il lavoro, approvando già il 10 ottobre del 2014 un ordine del giorno che prevedeva la stessa misura nelle Regioni. In realtà, dati alla mano, il compiacimento di Iacop è un tantino eccessivo. Perché oggi, a due anni e mezzo da quell'atto di indirizzo votato all'unanimità in conferenza, solo la metà delle Regioni ha seguito le indicazioni e fatto tagli veri, almeno nella misura indicata dall'ordine del giorno: dal sei per cento per vitalizi sotto i 1.500 euro al 15 per cento per gli importi superiori ai seimila euro. A mettersi in regola, diciamo così, Lombardia, Friuli, Marche, Lazio, Piemonte, Toscana, Trentino, Val d'Aosta, Veneto e Puglia. Le altre regioni? Sono rimaste fuori da questo percorso virtuoso, in alcuni casi semplicemente non approvando una legge, in altri limitandosi a pannicelli caldi di natura diversa.
Reversibilità d'oro. Emblematico il caso di due Regioni autonome quali Sicilia e Sardegna. A Palermo l'Ars ha recepito il decreto Letta scritto per i dirigenti pubblici, con l'effetto di applicare i tagli solo ai percettori di vitalizi sopra i 90 mila euro annui. A essere penalizzati poco più di una ventina su 320 beneficiari di assegni. Non hanno pagato dazio, per fare qualche esempio, i congiunti di nove deputati che hanno frequentato il Palazzo nella prima legislatura: dalla figlia di Natale Cacciola, eletto nel partito monarchico nel 1947, che da 40 anni percepisce un vitalizio da 2 mila euro al mese, a quelli di Ignazio Adamo, esponente del Blocco del popolo, che da 44 anni percepiscono un assegno di reversibilità da quasi 4 mila euro. Nella Regione Sicilia che ha una storia più antica delle altre sono 130, record assoluto, le pensioni pagate a vedove e figli di "onorevoli" defunti. E le cifre, in alcuni casi, si avvicinano ai diecimila euro al mese: Anna Manasseri, vedova dell'onorevole Vincenzo Leanza, da 14 anni gode di un vitalizio da 9.200 euro mentre Angela Zoroschi, moglie dell'ex dc modicano Raffaele Avola scomparso nel 1993, riceve a casa un assegno da 8.200 euro. A Lina Caffarato, vedova di Pompeo Colaianni, spettano circa 8 mila euro. I vitalizi ai condannati. In Sardegna l'unica "dieta" adottata è stata il blocco dell'adeguamento dei vitalizi all'Istat. Nessun altro taglio sulle "pensioni" dirette - escluse cioè le reversibilità - che l'amministrazione sarda eroga in quantità superiore a qualsiasi altra regione: 236 quelle pagate nel 2015. Un numero che è così alto anche perché, fino a qualche anno fa, il consiglio regionale di Cagliari dava la possibilità anche a chi non aveva raggiunto i 60 anni di ottenere il vitalizio. E fra i titolari di assegni, non colpiti da alcuna riduzione, ci sono anche l'ex vicepresidente del consiglio Claudia Lombardo (FI) e l'ex assessore Andrea Biancareddu (Udc), baby pensionati a 41 anni e 48 anni con appannaggi mensili da oltre 7 mila euro (lordi). Lombardo e Biancareddu hanno svolto quattro legislature, per le regole sarde quel beneficio spetta loro. Nell'elenco dei vitalizi sardi, a lungo tenuto segreto, figurano oggi i nomi di 11 ex consiglieri di recente condannati per le spese allegre fatte coi soldi dei gruppi. Secondo le accuse si distribuivano una "paghetta" da 2.500 euro. Prassi riconosciuta illecita in primo e in qualche caso in secondo grado. Fra i consiglieri condannati per peculato che risultano percettori di vitalizi l'ex capogruppo di Idv Adriano Salis (3.500 euro), l'ex senatore del Pdl Silvestro Ladu (7.077) e Beniamino Scarpa (Partito sardo d'azione, 5.002). I "settimini". In altre regioni, che hanno evitato il contributo di solidarietà, sono giunti segnali in senso contrario all'austerity: in Campania e in Calabria gruppi bipartisan di consiglieri hanno tentato di ripristinare il vitalizio cancellato sostituendolo con una pensione contributiva. Iniziative affondate fra le polemiche. Ma la stessa misura, senza grande clamore, era intanto già stata adottata in altre Regioni come la Sicilia. Il paradosso è che il colpo di forbice non è scattato proprio dove la spesa per i vitalizi è più rilevante: basti pensare che la Calabria, la regione più povera d'Italia, paga quasi 9,5 milioni di euro fra vitalizi diretti e indiretti, tre milioni in più della Lombardia che ha un reddito procapite due volte superiore. Ed è in queste regioni che la forbice sociale è più ampia: in Calabria, dove un abitante su tre vive sotto la soglia di povertà, 146 ex consiglieri sono titolari di una pensione "politica" e dodici sfondano il tetto dei settemila euro al mese. "Settimini", li hanno chiamati con ironia sui social, con riferimento invidiosetto alla loro "fortuna". In testa ci sono tre ex presidenti del consiglio - Antonio Borrello, Domenico Romano Carratelli e Antonio Giulio Galati - che hanno maturato il diritto alla lauta indennità facendo meno di 15 anni di attività complessiva.Mai deputato, ma col vitalizio. La spesa per i vitalizi si è gonfiata negli anni grazie a regole generose e sotterfugi che hanno fatto, sul campo dei privilegi, l'Unità d'Italia. A Trieste l'ex consigliere friulano Roberto "Charlie" Visintin, scomparso di recente, è riuscito a godersi per oltre dieci anni una pensioncina malgrado avesse maturato appena 15 mesi di attività: colleghi benevoli, prima della fine della consiliatura, avevano approvato una legge che portava il periodo minimo necessario per il vitalizio da 30 mesi a, appunto, quindici. A Palermo Salvatore Caltagirone si rese protagonista di un'impresa simile: nella primavera del 2001 ebbe il tempo di sedersi appena cinque volte fra gli scranni dell'Ars. Conquistando solo per questa "apparizione" un assegno vita natural durante da 3 mila euro. Inimitabile la storia del quasi-deputato siciliano Franco Bisignano, uno che all'Ars non ci mise mai piede ma vinse un ricorso contro chi lo aveva preceduto in lista e, 15 anni dopo la fine della legislatura, acchiappò il diritto al vitalizio da 1.800 euro. Beneficio che, con la sua scomparsa, è passato alla moglie Franca Rosa Baglione. Voce del verbo cumulare. Il discorso è sempre quello. I vitalizi sono stati aboliti, ma i provvedimenti non hanno colpito gli assegni riconosciuti in passato. Che continuano, dunque, a essere erogati. E in buona parte senza neppure le penalizzazioni previste. La metà delle Regioni non solo non ha applicato il contributo di solidarietà ma non ha neppure adottato un'altra misura prevista nelle direttive fornite dalla conferenza delle assemblee nel 2014: una decurtazione per chi cumula più pensioni (ad esempio quella di parlamentare nazionale o europeo e di consigliere). In Abruzzo, per fare un esempio, la legge che aboliva i doppi vitalizi, qualche mese fa, è giunta in aula e subito rispedita in commissione. "Per doverosi approfondimenti". Lo spettro dei ricorsi. "Io credo che dalle Regioni siano arrivati importanti segnali in questi anni - dice Iacop, presidente della conferenza delle assemblee regionali - e conta poco se, nel calcolo, manca qualche consiglio all'appello. Ci siamo mossi in condizioni difficili, senza una protezione legislativa nazionale e con centinaia di ricorsi pendenti. Il bilancio, per me, è positivo". Il tema dei ricorsi, d'altronde, è caldo: almeno 300 consiglieri vittime dei tagli attendono da un paio d'anni l'esito di azioni giudiziarie fatte in nome dell'intangibilità dei "diritti acquisiti". Maurizio Paniz, ex deputato del Pdl, è uno degli avvocati più attivi in questo campo: "Finora la competenza su questa materia non è stata definita: un organo giurisdizionale rinvia a un altro, fra Tar, giudici del lavoro e Corte dei conti. Ma a breve dovrebbero arrivare le prime sentenze - afferma Paniz - E mi sembra ispirato da buon senso il comportamento di quelle Regioni che, vista la situazione, non hanno varato il contributo di solidarietà". Sarà un tribunale, prima o poi, a dare un senso a questa battaglia. Un senso giuridico, almeno. Perché sullo sfondo restano i dati. Per i 3.500 vitalizi regionali, diretti o pagati agli eredi, se ne vanno ogni anno 150 milioni di euro, la gran parte dei quali spesi in regioni del Sud: Sicilia, Sardegna, Puglia, Campania, Lazio stanno in un range fra i 10 e i 18 milioni annui ciascuna. Il costo medio di un vitalizio regionale è di 45.245 euro annui, tre volte quello di una pensione "non politica". Numeri che, in attesa delle pronunce dei tribunali, continuano a porre con forza una questione di opportunità.
e regioni che non hanno approvato per legge il taglio: fra queste Emilia e Calabria 141 milioni La spesa sostenuta dai consigli regionali per i vitalizi, 11 i condannati per peculato che figurano fra i titolari di assegno in Sardegna 1.600 I consiglieri che hanno evitato di pagare il "contributo di solidarietà" 18 milioni Il costo dei vitalizi per l'Assemblea regionale siciliana che ne paga più di tutti300 I ricorsi pendenti nei tribunali di tutt'Italia contro le riduzioni, dove sono state fatte