Gozi: non c’è più nessun monopolio del rilancio politico della UE
Per Roma si rafforzerà l’Europa a due velocità
Roma guarda senza complessi di inferiorità sia al rafforzamento dei rapporti bilaterali franco-tedeschi (che dovrebbe concretizzarsi in una revisione del Trattato dell’Eliseo del 1963) sia ai «tentativi di rilancio della coppia tedesca» in chiave europea. A Palazzo Chigi ci si augura anzi che il documento congiunto Parigi-Berlino sulle riforme europee annunciato per marzo, quando dovrebbe essere operativo il nuovo governo tedesco, serva a superare la «timidezza» con cui finora Angela Merkel ha risposto al discorso storico della Sorbona. L’obiettivo italiano è sempre quello di rafforzare lo schema dell’Europa a due velocità. «Soltanto con il metodo dell’Europa a due velocità - dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio per le politiche europee, Sandro Gozi - si può pensare oggi di creare un’Europa più veloce per uscire dallo stallo e per fare le riforme dell’Unione. Non esiste più un monopolio di Berlino e Parigi del rilancio politico in Europa, non c’è più la possibilità per Francia e Germania di escludere qualcuno dalla costruzione di una nuova architettura europea e Macron ne è perfettamente consapevole. Ormai può essere escluso solo chi vuole autoescludersi, come la Polonia o un’Italia che finisse nelle mani di forze politiche sovraniste o antieuropee». Quel che resta dell’asse franco-tedesco è valutato oggi a Roma sulla sua capacità di dar vita a «un nuovo motore europeo che sia costituito da un gruppo di avanguardia di Paesi di cui non possono non far parte Italia e Spagna». L’esempio vincente, da replicare, è quello già sperimentato sulla politica della Difesa: l’accelerazione unitaria è partita da un accordo fra quattro Paesi (Francia, Germania, Italia e Spagna) e si è arrivati a un’intesa a 25. Quanto al merito delle proposte che saranno contenute nel documento franco-tedesco sulle riforme europee, «difficilmente Parigi e Berlino potranno ignorare l’esigenza di un’Europa più sociale e più centrata sulla crescita e sugli investimenti». Si ha fiducia, insomma, che non sarà il «meccanismo di riduzione automatica del debito», mirato in particolare contro l’Italia, l’obiettivo della posizione italo-francese di marzo né si farà marcia indietro rispetto alla flessibilità degli anni scorsi. «Proposte - dice Gozi - che potevano andar bene fino al luglio 2017 quando ancora si parlava di recepire in toto il Fiscal Compact nei trattati europei. Ora anche Juncker ha preso atto che questa posizione porterebbe in direzione opposta a ciò di cui l’Europa ha bisogno. L’Italia ha il vantaggio di essere l’unico Paese che ha finora preso posizione ufficiale sulle proposte di Juncker e abbiamo messo in chiaro che per avere il nostro via libera alla direttiva che insiste sui mecanismi automatici di riduzione del debito o della proposta del ministro unico europeo delle Finanze serve un’Europa più democratica, più sociale, che punti su un rilancio degli investimenti con più flessibilità. Anche nel nuovo bilancio europeo chiediamo più risorse per chi fa le riforme». L’Italia è pronta ad affrontare il problema del debito, ma chiede un percorso che non sia schiacciato «sui compiti a casa da presentare ogni tre mesi, ma porti a un risanamento di medio-lungo periodo». Quanto al tema dei rapporti bilaterali, Italia e Francia sono impegnati in un rafforzamento della loro cooperazione rilanciata nel vertice di Lione dello scorso settembre. In quell’occasione Macron si spinse a ipotizzare un «trattato del Quirinale» non lontano dal modello franco-tedesco. Si aspetta l’esito del voto italiano per riprendere quel filo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Giorgio Santilli