Interroghiamoci su un Paese che non si ferma per Falcone ma si ferma per Frizzi.
Fabio Frizzi morto all'età di 60 anni il 26 marzo 2018
Dopo la morte del conduttore, la Rai ha sconvolto la programmazione e migliaia di persone hanno partecipato a questo lutto collettivo come se fosse scomparso un eroe dei nostri tempi. La tv generalista è il vero specchio del paese? Parliamone ma studiamo l'estrema popolarità dei radiocronisti sportivi e no di tutta Europa e Stati Uniti nel periodo tra le due guerre. Per la prima volta nella storia si poteva con la radio udire la voce e fare vivere agli ascoltatori intense emozioni. La potenza dei media....
Questo non è solo un omaggio a Fabrizio Frizzi. A mente fredda, con il necessario distacco che solo il tempo sa offrire, è anche una domanda su che cosa ha rappresentato la sua scomparsa, sul cordoglio che ha investito l’intera nazione, sul perché migliaia e migliaia di persone hanno partecipato a questo lutto collettivo come se fosse morto un eroe dei nostri tempi. Frizzi a suo modo lo era e la frase che meglio sintetizza questo senso di appartenenza è quella ripetuta più volte: «Era uno di noi». Però, per uno di noi è stata sconvolta la programmazione televisiva, per la prima volta nella sua storia, la sede centrale della Rai, in viale Mazzini, ha ospitato una camera ardente, i suoi funerali sono stati trasmessi in diretta, persino il premier Paolo Gentiloni lo ha ricordato «come un esempio per la televisione e per il Paese».
Questa è la forza della TV generalista, che nonostante internet è ancora il motore e lo specchio delle nostre passioni, emozioni, percezioni. Eppure Frizzi non era un “numero uno” della nostra TV. Nel profluvio di ricordi che hanno accompagnato la sua dipartita, si è detto che era il presentatore della porta accanto: molto determinato, amicale, quasi un vicino di casa. Un signore sorridente e garbato, la faccia del bravo ragazzo e la voglia di mettersi in gioco. Alla lunga, questa sua semplicità è stata premiata. Eppure, su quelle che sono state additate come ingiustizie nei suoi confronti, con onestà dovremmo trovare ora il coraggio di fare qualche riflessione.
Quando nel 2000 l’allora direttore della Rai Pier Luigi Celli disse di vergognarsi di alcuni programmi, tra i quali Per tutta la vita (condotto da Frizzi), aveva ragione. Erano brutti programmi, non degni del servizio pubblico. Quando l’allora direttore di RaiUno Fabrizio Del Noce polemizzò con Frizzi per la conduzione di Miss Italia aveva ragione, almeno nella sostanza. Quando Frizzi, e questo è il fatto più doloroso, mosse moderate critiche alla Rai perché lo aveva costretto ad andare in onda con la diretta di Scommettiamo che? il giorno in cui fu massacrato il giudice Giovanni Falcone, be’, se avesse trovato il coraggio, avrebbe potuto dire di no. Interroghiamoci su questo: un Paese che non si ferma per Falcone ma si ferma per Frizzi. Difficile dare risposte. Forse non basta dire, com’è giusto dire, che Frizzi era un professionista, un amico, uno capace di portare allegria nelle case, un uomo semplice ed educato. Forse, dopo le ventate d’odio e di beceraggine che hanno accompagnato la campagna elettorale, avevamo tutti bisogno di un lavacro collettivo nei buoni sentimenti.