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Il piano Merkel per l’Europa: sì al Fondo monetario europeo, no a un’Unione dei debiti


FRANCOFORTE - Un'Europa con una «voce più forte» nel mondo. Un'unione economica europea più estesa, con più risorse finanziarie a disposizione dell'eurozona per aumentare gli investimenti nell'innovazione, nella scienza, nella tecnologia, nell'intelligenza artificiale e così sostenere la crescita e l'occupazione e ridurre le disparità tra paesi. Un'Unione europea rafforzata con obiettivi e strumenti comuni su temi come la politica estera, la difesa, la sicurezza, l'immigrazione.

Un'unione bancaria e del mercato dei capitali, come strumenti necessari e aggiuntivi a quelli esistenti «per la tenuta della stabilità dell'euro». Infine “mai” un'unione del debito pubblico ma piuttosto continuare sul solco della solidarietà, già utilizzata al tempo della crisi dell'euro: il che significa essere pronti ad aiutare i Paesi quando ne hanno bisogno, in prospettiva dotandosi di un 'Fondo monetario europeo' con qualche strumento in più e qualche compito in più.

​Così Angela Merkel ha chiarito, nella sua intervista a FAS, l'edizione domenicale dell'autorevole Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ), la posizione della Germania nel dibattito in corso sul bilancio europeo e sulle riforme per una maggiore integrazione dell'Eurozona. Tanti concetti spiegati con la corrispondente posizione tedesca, messi nero su bianco con un linguaggio esplicito. Ma anche tanti passaggi-chiave lasciati in sospeso, temi ripresi tra le righe, dettagli intuibili, appena accennati o mancanti.

La cancelliera ha deciso di uscire così allo scoperto, per dare infine una prima risposta alle proposte di Emmanuel Macron sul futuro dell'Europa e dell'Eurozona, lanciate nel famoso discorso alla Sorbonne lo scorso settembre. Angela Merkel ha delineato la politica europea del suo governo con un'intervista a FAZ, rivolgendosi innanzitutto ai cittadini tedeschi e a quell'elettorato deluso responsabile del peggior risultato alle urne dal dopoguerra, nelle elezioni 2017, per tutti e tre i partiti nella Grande Coalizione, CDU (il partito della Merkel), l'alleata CSU e un SPD in crollo verticale nei sondaggi e alla ricerca di una sua nuova identità. Il tutto tenendo fede al contratto GroKo firmato in febbraio, dove la politica europea è stata definita e descritta da CDU/CSU e SPD in cinque pagine su 177 e dalla quale la cancelliera non si discosterà.

​L'intervista va letta tenendo presente che Angela Merkel è stretta e costretta, i suoi margini di azione sono ridotti: oltre che dal pessimo risultato elettorale in Germania del suo partito causato anche o principalmente dalla sua apertura ai rifugiati nel 2015, anche da un'amministrazione Trump che continuamente sta testando la politica estera ed economica europea e da una situazione incandescente sempre più nel Medio Oriente; da Brexit che destabilizza il progetto della Ue e dell'Unione monetaria europea; dalle elezioni italiane che hanno riacceso sui mercati il rischio di reversibilità dell'euro.

In questo contesto, Angela Merkel ha confermato il suo approccio pragmatico del passo dopo passo, adattandolo all'evolversi della situazione e dunque con l'obiettivo di dotare la Germania e l'Europa di tutti gli strumenti necessari per avere le soluzione a portata di mano e risolvere i problemi e fronteggiare le sfide in arrivo. Lo scenario peggiore, per Angela Merkel, è quello di non avere in Europa gli strumenti adatti per affrontare la sfida dell'avanzata tecnologica, il protezionismo di Trump, le provocazioni di Russia e la competitività aggressiva della Cina, e poi ancora Brexit, e non da ultimi i mercati che provano a rimettere in discussione il progetto dell'euro facendo leva sui contenuti del programma sottoscritto dai due partiti del nuovo governo Lega-M5S e su quello che non è scritto nel programma ma che vi è transitato in fase di bozza.

La Germania sembra dunque disposta ad accelerare sul budget europeo, più ampio per rafforzare l'Europa sotto il profilo economico. E anche la Germania spinge per maggiori progressi nella sicurezza, nell'immigrazione, nella difesa. In quanto all'Unione bancaria, l'intervista non contiene alcun dettaglio ma fondi bene informate fanno sapere che il solo fatto di essere stato menzionato come un progresso necessario apre la strada ad alcune riforme sul fronte bancario (anche se non necessariamente quella della garanzia unica sui depositi).

Quanto al Fondo monetario europeo, Angela Merkel fa capire che il fondo salva-Stati così com'è non basta e va rafforzato: non tanto aumentando la sua potenza di fuoco ma piuttosto i suoi strumenti (proposta una nuova linea di credito a cinque anni) e le sue sfere di competenze, con un'azione più ampia sul monitoraggio ed eventuale intervento a favore della sostenibilità dei debiti pubblici nazionali: un concetto, quest'ultimo, lasciato aperto con un ampio margine di ambiguità.

Su altri punti, invece, il chiarimento è totale e sgombro da equivoci: la Germania, e il governo della Grande Coalizione, non si spostano di un millimetro dalla condizionalità, che soft oppure hard comunque c'è sempre, e il vincolo nazionale: l'ultima parola, anche quando ci sarà un Fondo monetario europeo, spetta ai Parlamenti nazionali. Il Bundestag continuerà a decidere sui cordoni della Borsa della solidarietà, dell'aiuto finanziario esterno agli Stati in difficoltà.



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