Scenari geopolitici: Libia, Siria, Corea del nord, dazi USA e NATO...
Ai primi di settembre esplodono disordini attorno alla capitale libica, Tripoli. Il generale Haftar, uomo forte della Cirenaica, ha espresso la volontà di ratificare la nuova costituzione per il paese dopo le elezioni fissate a dicembre. Senza contare la sua volontà di fermare le milizie che creano disordini attorno alla capitale. Sostanzialmente è una minaccia, una forzatura politico-militare. Bisognerà comunque vedere se avrà la forza di concretizzarla sul campo. Da sottolineare infatti come il Parlamento di Tobruk (riferimento istituzionale per la Cirenaica) dovrebbe accettare la nuova costituzione prima delle elezioni a fine anno.
Sulla Libia lo schieramento internazionale rimane inalterato: Italia e comunità internazionale con il governo Al Sarraj di Tripoli. Anche se in questo caso è doveroso rilevare il silenzio di Lega, M5S e del Presidente del consiglio Conte. Mentre Francia ed Egitto appoggiano il Generale Haftar e il Parlamento di Tobruk: insomma la Cirenaica. L’Egitto per impedire la rinascita di una Libia unita sotto l’egida del governo di Tripoli e dunque maggiormente competitiva rispetto ad un paese diviso fra Tripolitania e Cirenaica. La Francia per avere maggior influenza nell’area Mediterranea, in competizione con lo storico rivale italiano.
Il 7 settembre si è tenuto a Teheran un trilaterale (Iran, Turchia e Russia) incentrato sulla situazione siriana. Le forze di Assad si stanno preparando a sferrare l’offensiva finale sulla città di Idlib. Ultimo centro degno di nota in possesso delle opposizioni siriane. Iran e Russia appoggiano, diplomaticamente e militarmente, Assad. Mentre Ankara chiede una tregua per evitare una catastrofe umanitaria la quale riverserebbe moltissimi profughi verso la stessa Turchia. D’altra parte i distinguo di Erdogan sono anche dettati dal fatto che Ankara sostiene una parte dell’opposizione siriana e che il clan Alauita rappresenti un avversario per la politica turca in Medio oriente.
Tuttavia il “peso” turco in merito a Idlib è irrilevante visto che le forze di Ankara sono presenti sul confine turco-siriano mentre nella regione attorno a Idlib e ad Aleppo sono assenti. Logico quindi pensare che Assad, con l’appoggio di Iran e Russia, andrà avanti per la sua strada. Erdogan sta “pagando” il non intervento, l’anno scorso, in aiuto dei suoi alleati ad Aleppo. La seconda città della Siria in mano alle “opposizioni” (con l’aiuto turco) avrebbe cambiato gli equilibri. Ora, dopo la conquista indisturbata di Aleppo, Assad può maramaldeggiare nella regione.
Da sottolineare come gli Stati Uniti abbiano adombrato la possibilità che Assad usi armi chimiche nella conquista di Idlib. Al netto della veridicità o meno, vi è il tentativo di Washington di apparire presente nella questione siriana. Cosa difficile senza un intervento diretto terrestre. Nondimeno è possibile considerare che gli Usa intervengano con un attacco aereo-navale: militarmente ininfluente ma politicamente rilevante, come già avvenuto nel recente passato.
Il 12 giugno si è poi tenuto a Singapore l’atteso bilaterale tra il Presidente americano Trump e il Presidente nordcoreano Kim-Jong-Un. Si è raggiunto un accordo su una possibile denuclearizzazione della Penisola coreana da ambo le parti. D’altra parte lo stesso Trump ha annunciato che per il momento le sanzioni al regime di Pyong Gyang rimarranno in vigore. L’incontro di Singapore ha avuto dunque maggior rilevanza per l’immagine più che per la sostanza delle cose. Il Presidente Trump ha così legittimato il dittatore di un piccolo paese (ma potenza nucleare). Una novità questa rispetto all’impostazione ideologica dei precedenti inquilini della Casa bianca.
Nel summit dei paesi Nato a Bruxelles (11 luglio) il Presidente Trump ha rilanciato l’aumento delle spese militari per gli alleati dal 2% del pil sino al 4%. Allo stesso tempo, senza un atteggiamento simile dei partner atlantici, ha adombrato la possibilità di una uscita dall’alleanza degli stessi Stati Uniti. Tuttavia alla fine il tycoon ha ridotto le sue pretese fermandosi al 2%. Nonostante ciò è da rilevare l’aumento del budget complessivo della Nato sino a 33 miliardi di dollari. Trump ha sostanzialmente ottenuto quello che voleva.
Tuttavia ciò implica una valutazione politico-militare della Nato: l’alleanza atlantica è ancora Washington dipendente. A parte le spese militari americane vi è da rilevare come l’Europa non abbia intenzione di emanciparsi dagli Stati Uniti.
Nell’area europea l’amministrazione Trump, diversamente da quelle precedenti, mira a destabilizzare più la Germania che la Russia per rompere l’attuale equilibrio regionale. Non si contano le stoccate da parte di Trump al paese guidato da più di dieci anni da Angela Merkel. Nello specifico la politica dei dazi mira proprio a destabilizzare l’Unione europea a trazione tedesca. Senza considerare la nuova impostazione a stelle e strisce verso la Nato: anche gli altri partner devono contribuire. Questa nuova impostazione può mirare a dare maggiori responsabilità politico-militari ai diversi paesi europei, in primis la Germania, essendo il paese “chiave” del vecchio continente.