Nicola Zingaretti: LE MIE PROPOSTE PER LA CRESCITA
Alcuni giorni fa il ministro Salvini ha scritto una lettera aperta agli imprenditori del Nord nel tentativo di dare rassicurazioni sulle crescenti preoccupazioni espresse da quei territori.
Ritengo che il grande sforzo comunicativo del Ministro Salvini abbia prodotto un solo risultato: quello di rendere evidente la sempre maggiore distanza tra la propaganda del governo sostenuto dalla Lega e le legittime richieste di alcuni attori fondamentali della nostra economia...
Il grido di allarme lanciato a Torino da associazioni di categoria che rappresentano il 65% del Pil è rimasto inascoltato. Anzi è stato accolto da irrisione e insulti, secondo una logica che punta a schiacciare ogni critica, anche quando viene da settori lontani dalla politica, come è accaduto con gli attacchi scomposti al procuratore di Torino Spataro. La verità è che il governo ha sbagliato e continua a sbagliare e non ha alcuna consapevolezza della lunga serie di errori commessi in soli sei mesi.
Hanno cominciato con le promesse irrealizzabili di un assurdo contratto di governo, che prevedeva oltre cento miliardi di euro di spese senza coperture, con alcune fantasiose ipotesi di cancellazione del debito. Quel contratto non esprimeva alcuna idea di Paese, era solo una somma incoerente di due programmi in realtà alternativi.
In estate, il ministro dell’Economia andava a Bruxelles impegnandosi per il contenimento del deficit per il 2019. Poi, dopo poche settimane, il Governo ha approvato una manovra di bilancio completamente diversa, aumentando il deficit senza mettere nulla su investimenti e lavoro. Il tutto aggravato da irrealizzabili dismissioni di beni pubblici e previsioni di crescita campate per aria. Nessun investimento sui giovani, anzi miliardi di nuovi debiti caricati sulle nuove generazioni. Caos e litigi su alcune misure, come vediamo in queste ore sugli incentivi alle auto meno inquinanti. Girandole di dichiarazioni contraddittorie su Tav, Tap e altre infrastrutture che aumentano il già altissimo “costo dell’incertezza”. Risultato: una grave perdita di credibilità agli occhi di chi presta soldi all’Italia, lo spread alle stelle, uno scontro insensato e controproducente con l’Europa.
Le conseguenze di questa deriva sono già visibili. Da gennaio 2019, a causa del Decreto Dignità, 53.000 lavoratori saranno lasciati a casa perché raggiungeranno i 24 mesi di limite massimo per un impiego a tempo determinato. Sui titoli di Stato emessi in questi sei mesi pagheremo oltre 9 miliardi di euro di interessi in più rispetto al periodo precedente.
Aumentano i tassi dei nuovi mutui e prestiti per famiglie, artigiani e imprese, l’asta dei BTP Italia destinata ai piccoli risparmiatori è andata semideserta, l’occupazione cala e il Pil è arretrato per la prima volta dopo 14 trimestri di crescita. Se rallenta la locomotiva del paese come possiamo sconfiggere la povertà e le disuguaglianze? Il Governo sbaglia e gli italiani ne stanno pagando il prezzo. Questo Governo mette a rischio le prospettive di vita dei cittadini e delle imprese.
Nessuno vuole dire che la situazione sia semplice. I vincoli di bilancio sono stringenti, per questo le risorse vanno utilizzate in maniera efficace. Che cosa si potrebbe fare? Due scelte sono assolutamente necessarie. La prima. Cambiare subito la manovra di bilancio. Meno assistenzialismo, più politiche per la crescita e il lavoro. Spostare risorse sugli investimenti dei Comuni, a partire da quelli per l’ambiente, la manutenzione del territorio, strade e scuole. Opere pubbliche che potrebbero partire rapidamente, dando ossigeno prezioso a tante piccole e medie imprese. Ripristinare gli incentivi di Industria 4.0, che hanno aiutato tante aziende a investire e a ripartire. Accogliere la proposta dell’Alleanza contro la povertà di destinare i 7 miliardi che il Governo vorrebbe spendere per il reddito di cittadinanza al Rei (il Reddito di inclusione, che già esiste e funziona), combattendo la povertà con una misura che non disincentivi la ricerca di lavoro. Secondo. Un grande piano di semplificazione burocratica per accelerare gli investimenti pubblici.
Nel bilancio dello Stato ci sono 140 miliardi già stanziati per le opere pubbliche. Quasi nulla è stato ancora utilizzato. È un enorme spreco, anche calcolando l’impatto sull’occupazione: l’Ance ha stimato che solo lo sblocco delle sole infrastrutture viarie potrebbe attivare 330mila posti di lavoro in Italia. Bisogna fare un grande sforzo di velocizzazione delle procedure, per spenderli bene e presto. Un capitolo a parte meritano le grandi opere: in tutta Italia sono ben 27 quelle in bilico o congelate, di cui 16 nel Nord per un valore di 16 miliardi di euro. Nel silenzio della Lega. Tenere ferme queste opere strategiche è una follia. Vanno sbloccate al più presto. Abbiamo bisogno, insomma, di una serie di misure concrete per ricostruire la speranza come antidoto alla crescita delle paure e ridare all’Italia la forza necessaria per difendere efficacemente i nostri interessi in Europa. Purtroppo, nelle scelte dell’attuale Governo non c’è traccia di tutto questo. Bisogna cambiare rotta e bisogna farlo presto. Questa è la verità ed è opportuno che si denunci.
Perché l’Italia viene prima degli interessi di parte, nessuno dovrebbe mai dimenticarlo.