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Nessuno tocchi Platini!


Platini: ormai è solo una marionetta nella partita tra Usa, Francia e Arabia Saudita...

Platini è stato arrestato perché avrebbe favorito i mondiali in Qatar, in realtà è finito in mezzo a un regolamento di conti tra vecchi e nuovi amici della Francia. Di mezzo ci sono soldi, potere e geopolitica


Mamma che imbarazzo! Dopo una vita integerrima da tifoso granata, eccomi a scrivere un pezzo per dire che Michel Platini andrebbe lasciato in pace e che il pallone è l’ultimo degli elementi che l’hanno portato, ieri, a una cella di Nanterre e agli interrogatori della sezione anti-corruzione della Polizia giudiziaria francese. Gli inquirenti sospettano che l’assegnazione dei Mondiali di calcio 2022 al Qatar sia stata decisa con un sostanzioso traffico di mazzette e di favori. E puntano l’indice su una serata all’Eliseo, in data 23 novembre 2010, presenti l’allora presidente Sarkozy e il futuro emiro del Qatar, in cui Platini sarebbe stato “convinto” a spostare il suo voto dagli Usa al Qatar e a spendere la propria influenza di presidente della Uefa (il vertice del calcio europeo, dove Platini rimase dal 2007 al 2015) perché il maggior numero di federazioni votasse in quel senso.

Questo è quello che sappiamo tutti. Così come noti sono pure altri fatti. Per esempio, che Platini qualche problemino di avidità l’ha avuto sempre. A Saint-Etienne, dove vinse il campionato di Francia nel 1981, il suo nome circolava a proposito di presunti fondi neri usati per gratificare i giocatori migliori. Nei Panama Papers, le carte sottratte allo studio legale panamense Mossack-Fonseca, c’era anche lui. E la sua corsa alla presidenza della Fifa, nel 2015, andò a sbattere contro la notizia di un pagamento senza contratto da 1,8 milioni di euro ricevuto nel 2011 da Sepp Blatter, per lungo tempo dominus del calcio mondiale. Seguì squalifica pluriennale da tutte le attività legate al calcio e la fine del personaggio pubblico.


Un’altra cosa che sappiamo è che la Francia di Nicolas Sarkozy, presidente dal 2007 al 2012, di favori al Qatar ne fece parecchi...

Si fece frenetica, con lui, la corsa francese ad assicurarsi i denari qatarioti (oggi gli investimenti dell’emirato superano i 30 miliardi di euro) a suon di agevolazioni fiscali e regimi privilegiati. Gli emiri Al-Thani (prima Hamad bin Khalifa poi, dal 2013, Tamin bin Hamad) non si sono fatti pregare e il fondo sovrano qatariota è oggi presente nell’immobiliare (suoi quasi tutti i più lussuosi alberghi della capitale e della Costa Azzurra), nell’industria del lusso, nelle costruzioni, nell’industria aerospaziale e del turismo. Nella famosa cena all’Eliseo del novembre 2011, inoltre, sarebbero stato dato il via libera a due delle più discusse iniziative qatariote in terra di Francia: l’acquisto del Paris Saint Germain, dominatore del campionato francese, e lo sbarco di BeIn Sports, la Tv a pagamento qatariota specializzata negli eventi sportivi.

Ora, badate bene: in tutto questo il calcio è solo un pretesto. Certo, produce soldi ma sono noccioline rispetto al contesto. La partita vera, con tempi supplementari infiniti, è quella della politica. Ecco un esempio collaterale ma non troppo. La nostra Serie A ha firmato un contratto per far giocare in Arabia Saudita tre finali della Supercoppa italiana entro cinque anni. BeIn, però, accusa le autorità saudite di aver trasformato il proprio Paese in una centrale del pirataggio televisivo sportivo e ha diffidato la nostra Lega dal portare avanti l’iniziativa. E BeIn si fa forte del fatto di garantire alla Lega Serie A un terzo degli introiti realizzati vendendo all’estero le partite del nostro calcio.

Quel che conta, qui, è la battaglia in corso tra due fronti l’un contro l’altro armati. L’Arabia Saudita è il Paese che ha promosso, nel 2017, l’embargo contro il Qatar, accusato di sostenere i Fratelli Musulmani e il terrorismo. Da allora, tra le altre cose, i sauditi hanno fatto tutto il possibile per mandare a monte l’idea del Mondiale di calcio in Qatar nel 2022.Mondiale che sarà un assurdo sportivo, il primo giocato in inverno per non far schiattare i giocatori sotto il sole del deserto, ma non è certo questo che importa ai sauditi. Per il Qatar, al contrario, diventare una potenza nello sport vuol dire influenza, legami, alleanze. In una parola: potere.

Quel che conta, qui, è la battaglia in corso tra due fronti l’un contro l’altro armati. L’Arabia Saudita è il Paese che ha promosso, nel 2017, l’embargo contro il Qatar.

Dietro Arabia Saudita e Qatar ci sono altri Paesi. L’alleato di ferro dei sauditi sono gli Usa, cioè proprio il Paese che avrebbe voluto i Mondiali 2022 e che, grazie anche ai voti raccolti da Platini, finì clamorosamente trombato. La Qatar-mania dei tempi di Sarkozy aveva il suo senso. La Francia esporta in Qatar per dieci miliardi di dollari l’anno, negli ultimi cinque anni ha venduto all’emiro armi per 20 miliardi di euro ed è presente nell’organizzazione dei Mondiali con succulenti contratti: vale tre miliardi solo il progetto della metropolitana di Doha, che sarà realizzata da un consorzio tra Ratp (le ferrovie francesi) e Keolis (azienda privata). Ma da quando all’Eliseo siede Emmanuel Macron molte cose sono cambiate in Francia, ed è il partito dell’Arabia Saudita a prevalere. Al punto che anche dopo il truculento omicidio del giornalista dissidente Jamal Kashoggi, rapito, assassinato e fatto a pezzi nelle cantine del consolato saudita a Istambul, Macron disse che le vendite di armi francesi ai sauditi sarebbero proseguite e che tra le due cose “non c’era alcun rapporto”. Non a caso la Francia partecipa alla guerra nello Yemen a fianco dell’Arabia Saudita e in quella in Libia a fianco del generale Haftar, che è il “pupillo” appunto dei sauditi.

Questa, insomma, non è una storia di calcio. È una storia di politica, armi, guerre, petrolio e di equilibrii geopolitici. Roba dove saltano per aria gli Stati, interi popoli vengono affamati o decimati, le economie sbandano

Per cui, quelli che furono del “partito del Qatar” vengono ora presi a mazzate dal nuovo potere. Nell’inchiesta che coinvolge Platini, il vero pezzo grosso è Claude Guéant, che con Sarkozy fu segretario generale dell’Eliseo e ministro degli Interni, un duro, lo spicciafaccende del Presidente. C’era anche lui alla famosa cena del 23 novembre 2010, e se c’era qualcosa di losco in ballo lui di certo lo sapeva. Questa, insomma, non è una storia di calcio. È una storia di politica, armi, guerre, petrolio e di equilibrii geopolitici. Roba dove saltano per aria gli Stati, interi popoli vengono affamati o decimati, le economie sbandano. Al confronto, anche un’idea totalmente scema come quella di far giocare un campionato di calcio in un Paese che è al 55° posto delle classifiche sportive mondiali e dentro stadi refrigerati per non avere una strage di spettatori diventa una bubbola di poca importanza. Figurati quindi quanto poteva pesare, in un simile minestrone, un ex campione col vizietto del denaro. Platini è una piccola marionetta. Adesso gli hanno tagliato anche i fili, lasciamolo in pace.




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