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L’emblema del governo Conte: Azzolina e l’arte di non prendere nessuna decisione



Dalle linee guida per la riapertura delle scuole a settembre non si capisce nulla,proprio come per l'esame di maturità. Se oggi il ministro dell'Istruzione lasciasse il suo incarico di lei ci ricorderemmo al massimo per la somiglianza con Sabina Guzzanti e per le querelle sul plexiglass con Salvini

Mario Lavia

Come il Festival di Villa Pamphilj nel quale non si è deciso niente, anche dalle linee guida per la riapertura delle scuole a settembre non si capisce nulla. Chiacchiere e distintivo, pare che in sostanza tutto verrà demandato ai presidi. Una non-decisione che ha gettato nello sconforto genitori, insegnanti, tutti, a partire ovviamente dai presidi, improvvisamente investiti di un potere eccezionale non avendone però gli strumenti.

Lucia Azzolina dunque in questo ha dimostrato di essere davvero una “contiana” di ferro, imitando alla perfezione il capo nella mediocre arte di scaricare le responsabilità su altri dopo aver contianamente sprecato tempo prezioso in chiacchiere.

Non saper assumere una decisione in un frangente come questo equivale a candidarsi a dimissioni immediate, con sollievo di tutti: ma qui se cade una carta crolla il castello, per cui probabilmente non se ne farà niente, preferiranno mettere qualche toppa, al solito, continuando il girotondo di annunci e smentite.

Già scarsa sul piano comunicativo fin dall’inizio della sua nomina al posto del desaparecido Lorenzo Fioramonti, Lucia Azzolina ha via via fatto crescere i dubbi sulle sue capacità. Ha fatto rotolare la scuola, primo titolare del dicastero di viale Trastevere della storia, in fondo alla lista delle priorità: il che non è un errore, è un crimine.

Se lasciasse il suo posto, di lei si ricorderebbe, oltre alla incredibile somiglianza con Sabina Guzzanti, la proposta a metà fra “Alice nel paese delle meraviglie” e “Arancia meccanica” del plexiglass nelle aule, un’idea strampalata (e infatti sconfessata) che partorì una sotto-polemica con Salvini su come si debba scrivere: “plexiglass” (lei) o “plexiglas” (lui)? Non esattamente all’altezza della controversia fra Croce e Gentile (due suoi predecessori), la succosa querelle si risolse scoprendo che avevano ragione entrambi.

Di rinvio in rinvio, non senza prima aver messo su una task force ministeriale che a maggio la bacchettò sull’ipotesi di mandare metà alunni in classe e metà a casa, Azzolina è giunta sin qui dopo il calvario dell’esame di maturità, quando nessuno studente riusciva a capire come avrebbe funzionato.

Spiace dirlo, ma con le colleghe Fabiana Dadone (pubblicamente ringraziata ieri da Conte perché ha voluto partecipare a una riunione il giorno prima di partorire) e Nunzia Catalfo, Lucia Azzolina forma un trio di ministre grilline non esattamente smagliante, diciamo per capirci al livello di Di Maio. Ma lei è più imbarazzante.

Già, la squadra pentastellata al governo è uno dei problemi del Paese. Il punto è che l’indecisionismo azzolinesco non è solo di lei ma sta diventando la cifra del governo nel suo complesso, un governo che a tutt’oggi litiga al suo interno su quale strategia di fondo seguire in politica economica; che non chiude nessun dossier, da Ilva a Autostrade a Alitalia; ch

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