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6.2 - Il Regno d’Italia contro il Papato e la gerarchia cattolica





.....................................Nei secoli precedenti la Chiesa Cattolica era stata messa in discussione nei suoi valori e nella sua organizzazione temporale dalla Riforma Protestante, dal Giansenismo, dall’Illuminismo. Quest’ultimo, ponendo a base di ogni valutazione la ragione e la scienza, confermata dall’evidenza e dalla ripetitività, ridicolizzava le credenze religiose popolari e le manifestazioni di fede come superstizioni oscurantiste[1]. La rivoluzione industriale il cui successo era basato sulla scienza applicata e che prometteva vantaggi materiali favoriva il laicismo che rifiutava la sacralità e l’assolutismo del trono e dell’altare, per concentrarsi nella realizzazione della felicità terrena.

Il laicismo-positivista si proponeva di offrire in cambio della religione un’istruzione laica e aconfessionale ed un’assistenza sanitaria decorosa, supportato anche dalle dottrine socialiste ed anarchiche che teorizzavano una società senza classi e senza religione.

La religione, come “oppio dei popoli” (la Divina Provvidenza provvede alla felicità individuale, la sofferenza è colpa del peccato originale, il sacrificio è necessario per guadagnare la felicità del Paradiso post mortem) diveniva ed era vista come una forza che legittimava e cristallizzava l’ingiusta società presente e perciò insufficiente se non contraria a soddisfare i nuovi bisogni di libertà ed uguaglianza sociale, compromessi per il suo sostegno all’assolutismo. Il nuovo mondo “messianico” teorizzato dal materialismo dialettico non poteva che essere ateo.

Occorre tuttavia rilevare che il conflitto fra Stato e Chiesa in Italia fu gestito da una ristrettissima classe sociale di intellettuali e benestanti massoni (che stranamente in fin di vita richiedevano sempre un prete per eventualmente garantirsi un passaporto per il Paradiso) contro le gerarchie ecclesiastiche, ma non coinvolse il basso clero ed il popolo che rimasero fedeli alle pratiche e alle tradizioni religiose consolidate, o al massimo cercarono di mitigare certi provvedimenti.

Lo scontro tra Stato e Chiesa si inasprì con la legislazione del 1866-1873 che laicizzò la vita dei religiosi, abolì l’asse Ecclesiastico ed il Potere temporale dei Papi con l’annessione dello Stato Pontificio al Regno d’Italia. Queste leggi furono superate solo nel 1929 con i Patti Lateranensi stipulati tra la Santa Sede e il governo fascista. Tali accordi – com’è noto – ridefinivano i rapporti fra Stato e Chiesa, restituendo tra l’altro alla Santa Sede alcuni palazzi e riconoscendo la personalità civile e giuridica alle congregazioni religiose ritenute tali dal Vaticano: nulla però veniva restituito dei beni ecclesiastici incamerati dallo Stato dal 1848 in poi.

I cattolici dell’Italia unitaria si divisero in “transigenti” che coniarono l’espressione “cattolici con il Papa Pio IX[2] e liberali con lo Statuto” ed “intransigenti” che, sostenendo una visione monarchica ed assolutista del Papato, si arroccarono su posizioni di rifiuto a ogni compromesso, spingendo il mondo cattolico ad una lotta di muro contro muro, almeno fino alle soglie degli anni 1890.

Le falangi degli intransigenti sul piano religioso si rifacevano alla condanna ecclesiastica dei principi liberali enunciati nel “Sillabo[3] (1864) e sul piano politico concordavano con la volontà pontificia circa il non expedit[4] e si impegnarono a fondo nel difendere gli interessi del Papato, della Chiesa e dei cattolici, giungendo ad appoggiare anche candidati repubblicani. Si riunirono in vari congressi creando nel 1875 un organismo unitario denominato “Opera dei Congressi”. In esso si discussero i problemi delle classi popolari, in particolare dei contadini, delle loro condizioni di vita, della necessità della loro istruzione, dell’impegno nelle autonomie locali per difendere con un programma definito e concreto i valori della religione.

Il nuovo Papa Leone XIII, che rimase in carica per ben 25 anni dal 1878 al 1903, aveva ben poco in comune con il predecessore. Quanto più il precedente Papa era espressione dell’oscurantista ancien regime provinciale, tanto più il nuovo Papa era attento al nuovo mondo sociale che si stava affermando. Lo stesso Pontefice intese allacciare nuovi rapporti con gli stati nazionali europei e pose una grande attenzione alla questione sociale con l’enciclica De Rerum Novarum. Infatti in Italia gli anni 1878-1887 crearono momenti di speranze conciliatorie, favorite sia dalla S. Sede (anche se con discrezione e prudenza), sia dal governo Depretis-Crispi (con la speranza di dirottare i voti cattolici verso candidati governativi contro i socialisti atei in occasione delle elezioni). Un ulteriore avvicinamento si verificò durante la prima guerra mondiale quando circa 25.000 religiosi, direttamente e indirettamente, dimostrando “spirito patriottico” furono arruolati, per lo più nella Sanità, fungendo come elementi moderatori e guida morale delle truppe.

[1] Verso la fine Ottocento un vescovo impose di esaminare le ossa di santi venerati, ne risultò che parecchi chili di queste ossa provenivano da animali. In certe processioni si verificavano molti casi di trance. [2] Il Papa Pio IX, eletto nel 1848, aveva suscitato grandi speranze in tutto il mondo cattolico patriottico italiano ma, dopo l’assassinio nel 1848 del Ministro Rossi e la sua fuga a Gaeta sotto la protezione dell’oscurantista regno borbonico, divenne un irriducibile avversario sia delle nuove ideologie che si stavano affermando in Europa sia della rinuncia al potere temporale dei Papi e non esitò a chiedere la protezione dei Francesi (i successori di Carlo Magno), passando alla storia come uno dei Papi più conservatori se non reazionario. Dopo l’annessione di Roma al Regno d’Italia, con la legge delle guarentigie del 13 maggio 1871 n.214, al Papa furono garantite le prerogative del Pontefice, i palazzi apostolici, l’indipendenza della Santa Sede, la libertà del clero e l’esenzione ai Vescovi dal giuramento di fedeltà al Re. [3]Syllabus complectens praecipuos nostrae aetatis errores” (elenco contenente i principali errori del nostro tempo), è un elenco di 80 proposizioni di condanna delle dottrine politico-sociali di quel periodo che Papa Pio IX pubblicò insieme all’enciclica quanta cura l’18 dicembre 1864. [4] Non expedit (non è conveniente) formula con la quale la Santa Sede in varie occasioni vietò ai cattolici di partecipare alla vita politica italiana, specie in occasione della nascita del Regno d’Italia.

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