Breve storia della seconda e terza Repubblica dal 1994 al 2018 e dello Stato sociale
( di prossima pubblicazione con accenni ad ogni numero)
ABSTRACTS
Introduzione
Confesso che era mia unica intenzione di scrivere un semplice e breve saggio storico sugli ultimi anni della politica italiana, dal 2013 al 2018, ovvero la XVIII legislatura. Per esempio, un volumetto dal titolo «Da Matteo Renzi a Matteo Salvini», oppure «Ascesa e declino di Renzi e l’affermazione del M5S» ecc.
Completato un volumetto di circa 100 pagine, ebbi la malaugurata idea di farlo leggere ad alcuni amici per un loro commento. Fui subissato da critiche costruttive quali: come si fa a parlare in poche pagine di Jobs Act, Globalizzazione, Euro, Riforme costituzionali, se non si spiega quanto avvenne negli anni precedenti? La storia è sempre un dipanarsi di eventi, talvolta nuovissimi e imprevedibili, ma il più delle volte sviluppatisi senza soluzioni definitive negli anni precedenti (es. il debito pubblico, le riforme mai riformate) o che erano «in fieri» e che sono esplosi anni dopo (es. il basso valore aggiunto del settore pubblico e privato o i diritti civili). La soluzione di alcuni problemi ne crea sempre di nuovi per cui, quelli che erano considerati rivoluzionari e che avevano contribuito a cambiare la società nell’arco di due generazioni, diventano conservatori se non reazionari; arroccati nella difesa, con le unghie e coi denti, di conquiste e privilegi, mitizzati e sacralizzati in tabù intoccabili (la riforma del lavoro, il rapporto uomo-donna).
Convinto da questi suggerimenti amichevoli mi sono accinto a questa immane, ma anche piacevole fatica, che mi ha impegnato due anni di vita.
Per evitare che i lettori abbiano un giudizio sfavorevole su questo mio lavoro, concentrato soltanto su alcuni aspetti di quanto accaduto in questo lasso di tempo, vi aiuto a districarvi in questo mio «libro-puzzle».
Il XX secolo fu contrassegnato in Europa da due sanguinose guerre mondiali, che hanno determinato la fine dell’Eurocentrismo, e della contrapposizione tra Capitalismo e Socialismo, con tutte le loro varianti: dal Nazifascismo al Liberalismo democratico, dalla Socialdemocrazia al Comunismo. Verso il 1990 si ebbe il crollo del regime comunista-utopista nell’URSS. Contemporaneamente prese forma ed ebbe successo l’originale «via cinese al Socialismo» che nega sì il Liberalismo politico (solo il Partito Comunista è legale) ma incentiva l’economia di libero mercato favorendo l’affermarsi di un Capitalismo senza Liberalismo.
Le due culture politiche, Liberalismo e Socialismo, a cui si erano ispirate le élites politiche e culturali al comando in Europa, verso la fine del secolo, avevano esaurito il loro compito e le masse popolari, drogate dai media, erano pronte a dare il consenso ad altre élites più vicine ai loro bisogni primari, rifiutando le precedenti mediazioni ideologico-culturali. Le mediazioni religiose erano già state da lungo tempo rifiutate.................................
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I VOLUME: L’ ITALIA DAL 1994 AL 1996
Introduzione al primo volume
Con la nuova legge elettorale si affermano la coalizione di centrodestra avente come leader il magnate delle televisioni Silvio Berlusconi che per l’occasione aveva formato un partito ex novo Forza Italia. Il governo da lui formato ebbe una breve durata dovuta a dissidi con il suo alleato Umberto Bossi leader della Lega Nord. Fu sostituito dopo 8 mesi da un governo tecnico presieduto da Lamberto Dini che ebbe il compito ingrato di varare una riforma delle pensioni pena la bancarotta della Repubblica. Il cosiddetto governo tecnico, compiuto il “dirty job” fu invitato a farsi da parte ed il Presidente della Repubblica fu costretto ad indire nuove elezioni.
Nei primi tre capitoli sono analizzati ed elencati i principali dibattiti avvenuti nei partiti, ed i leaders che hanno reso possibile la genesi, l’attività e il disfacimento dei governi.
I condizionamenti esterni di Paesi stranieri o calamità furono insignificanti nella formazione di questi governi. Risulta evidente da subito che la Seconda Repubblica appena nata non garantisce ad alcun governo una stabilità temporale. In Italia, oltre al Parlamento, le Regioni, i Comuni, la Magistratura (completamente indipendente), vi sono le potenti lobbies della Confindustria, Confagricoltura, Sindacati, Cooperative, nonché la Chiesa Cattolica e migliaia di altre Associazioni.
I maggiori partiti sono diffusi sì su scala nazionale, ma localmente il controllo appartiene a élites economiche o intellettuali, se non addirittura a capipopolo o capibastone, il cui consenso è basato sulla capacità di distribuire grandi, o piccole prebende pubbliche, ai propri “clientes”, fedelissimi generazione dopo generazione. La frammentazione del potere costringe ogni governo a elemosinare il sostegno di qualsiasi gruppo che esercita un nefasto potere contrattuale basato sul contraccambio: “do ut des”.
A questo si sovrappongono le ambizioni personali di ogni politico alla ricerca di visibilità a vantaggio proprio o della lobby che lo ha appoggiato.
Se la Prima Repubblica aveva ingabbiato queste velleità personali nella dura disciplina del centralismo democratico del Partito Comunista Italiano e nella Democrazia Cristiana che, pur suddivisa in correnti individualiste, era “supervisionata” da una ideologia e dalle autorità ed organizzazioni della Chiesa Cattolica, ora ogni parlamentare conquistata la fiducia dell’elettore in particolare nei collegi uninominali, vuole negoziare il suo voto di fiducia o sfiducia per ottenere vantaggi per sé e per i suoi propri elettori.
L’incapacità apparente di avere un governo stabile mina alla base l’Istituto della Democrazia Parlamentare che viene assimilato ad un sistema rissoso incapace di esprimere una maggioranza che sostenga un governo fattivo e inadeguato ad operare in situazioni di emergenza.
In realtà l’alternarsi di governi di breve durata non permette la realizzazione di piani pluriennali, ma permette a molti politici di scalare i vertici del potere come ministri, viceministri o sottosegretari.
In quegli anni la presenza dello stato nell’economia diventava sempre più ingombrante. Il bilancio dello stato sarebbe arrivato verso il 50% del PIL (prodotto interno lordo) e, considerando anche le società municipalizzate, si poteva dire che 2/3 degli italiani erano a reddito fisso statale. Una così forte presenza dello stato nell’economia, nella gestione di miriadi di enti e municipalizzate, permetteva ad una classe di politici e sindacalisti se non di arricchirsi, senz’altro di usufruire di una vita più che dignitosa per sé, per le loro famiglie e le loro clientele. In questo gioco di clientelismo, non necessariamente illegale, tutta la società italiana era coinvolta e tutti erano complici ed attori. Per le imprese dell’economia privata, che dovevano sopravvivere nella dura legge del mercato internazionale, senza un appoggio del governo, non restava che rifugiarsi in nicchie di mercato ad alta specializzazione.
Il terzo capitolo tratta del debito pubblico italiano, come si formò, quali furono le cause e le responsabilità. L’alto debito pubblico italiano era un vero handicap per partecipare all’Unione monetaria con la creazione della moneta unica l’Euro. I partner europei, in primis la Germania, non erano terrorizzati dall’idea che la repubblica italiana fosse insolvente verso i creditori, piuttosto che essi stessi fossero coinvolti almeno in parte in questo fallimento od ancor peggio che dovessero accollarsi parte del debito italiano. Da parte italiana soprattutto su pressione dell’establishment della Banca d’Italia e della finanza si riteneva che l’adesione alla moneta unica mettesse al riparo l’economia italiana dalle ricorrenti crisi monetarie, che poi non erano così tragiche. Gli imprenditori attraverso la loro Associazione, la Confindustria, non condividevano questi entusiasmi consapevoli che dovendosi misurare senza paracaduti politici o monetari non avrebbero potuto competere con le multinazionali, tedesche, francesi, americane, giapponesi ed infine cinesi. L’adesione all’Euro da parte dell’opinione pubblica Italiana, fu in ultima analisi una adesione idealizzata ad una Europa che non esisteva, mentre esisteva ed erano vincolanti gli interessi principali della Germania e della Francia, a cui bisognava subordinare i propri. L’Italiano medio frustrato nel vedere il proprio Paese coinvolto in una decadenza senza fine, riponeva una fiducia “messianica” in questa entità chiamata Europa fonte di progresso, giustizia sociale, lavoro e benessere in grado di competere con le grandi potenze; Stati Uniti, Russia, Cina.
Gli ultimi tre capitoli sono a tema.
Il quinto capitolo analizza il fenomeno dell’immigrazione. Verso la fine del XX secolo il saldo tra immigrati ed emigrati diventava positivo. Nel 1919 dopo la vittoriosa prima guerra mondiale, con l’annessione di alcune popolazioni slave e tedesche all’Italia, la classe politica liberale, ancor più il fascismo, che per un secolo aveva combattuto per l’indipendenza del popolo Italiano, ed era stata anche un esempio e modello da imitare, si dimostrò incapace di garantire alle minoranze linguistiche annesse le stesse libertà civili per le quali aveva combattuto. Per gli immigrati, alla fine del 1900, la classe politica si dimostrerà parimenti incapace di elaborare una politica sia di integrazione, sia di assimilazione, sia multiculturale.
Nel capitolo V e VI si sviluppano a tema due argomenti contrapposti ed interdipendenti: l’affermarsi del capitalismo e del liberismo nelle economie occidentali dell’800 ed il parallelo sviluppo dello stato sociale. Si farà notare che al progredire della rivoluzione industriale e del capitalismo il “proletariato” assumerà il ruolo dell’antagonista dei capitalisti per condividere i frutti della ricchezza generata o addirittura si porrà come fine la soppressione del capitalismo, mirando a creare una società utopistica di uguali, senza sfruttati e sfruttatori, annullando le regole del mercato.
CAPITOLO I - IL PANORAMA POLITICO E IL DIBATTITO NEI PARTITI
1.1 - Premesse storiche: La questione “Tangentopoli” e la “Seconda Repubblica”
1.2 - I nuovi partiti sulla scena politica – La nascita di Forza Italia
1.3 - I nuovi partiti sulla scena politica. La nascita della Lega Nord
1.4 - I nuovi partiti sulla scena politica: Il PDS
1.5 - La scissione della Democrazia Cristiana (DC)
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