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Il nuovo Presidente dell'Argentina Javier Milei visto dall’Economist

La trappola economica in cui è caduta l'Argentina: un grande Paese di medio sviluppo incapace di investire nell'innovazione scegliendo di investire in un "sociale sussidiato" a debito.



 L’Argentina ha una storia ricca di default. Uno dei casi più noti è stato il default del 2001, quando il paese non era riuscito a pagare il debito di oltre 100 miliardi di dollari. Questo ha portato a una grave crisi economica e sociale, con un crollo del Piò, alti livelli di disoccupazione e instabilità politica.

In seguito al default del 2001, l’Argentina ha subito un altro episodio nel 2014, quando ha nuovamente mancato il pagamento di una parte del suo debito. Questo ha generato incertezza sulle prospettive economiche del paese e ha reso difficile l’accesso al credito internazionale.

Come abbiamo visto sono tante le preoccupazioni per il paese che si sta dirigendo sempre più verso una situazione di non ritorno, sull’orlo del fallimento.

Tra Stato minimo, privatizzazione e dollarizzazione, le riforme di mercato promesse in campagna elettorale dal nuovo presidente anarco-capitalista dell’Argentina Javier Milei delineano un programma molto vasto e probabilmente irrealizzabile. Ecco cosa ha in mente di fare Milei secondo il settimanale The Economist che aveva intervistato a fondo l’economista lo scorso 7 settembre.



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L’anarco-capitalismo di Milei

Cosa significa essere un anarco-capitalista? L’Economist ricorda che questa filosofia, proposta negli anni Cinquanta dall’economista americano Murray Rothbard, stabilisce che i contratti volontari tra individui dovrebbero governare tutte le transazioni di beni e servizi, incluse la formazione, la costruzione delle strade e la protezione dell’ambiente.

Sposando questa logica, Milei descrive lo Stato come “un’organizzazione criminale”, in quanto – a detta del nuovo presidente, “tu non paghi le tasse volontariamente ma perché ti puntano la pistola alla tempia”. Ecco perché Milei pensa che il welfare state debba essere smantellato in quanto trasferisce ad altri i costi delle decisioni piuttosto che rendere gli individui responsabili delle loro azioni.

Stato minimo

L’obiettivo di Milei è quello di creare uno Stato minimo che fornisca ai cittadini solo l’Esercito, la Polizia, i Tribunali attraverso i quali far rispettare i diritti di proprietà. A questa strada l’Argentina arriverebbe attraverso una serie di riforme di mercato che riducano drasticamente le dimensioni della macchina pubblica.

Obiettivi chiave

I primi passi saranno ridurre la spesa pubblica di almeno il 15% del Pil e centrare l’obiettivo del pareggio di bilancio: tutto ciò mediante una serie di passi che comprendono l’eliminazione dei sussidi all’elettricità e al gas, il taglio dei ministeri da 18 a 8, la riduzione dei trasferimenti federali alle 24 province dell’Argentina, il taglio delle pensioni d’oro per i politici e i giudici (Milei promette di rinunciare anche alla sua) e la privatizzazione di tutte le 34 compagnie in mano allo Stato.

Più mercato

I servizi che normalmente vengono erogati dallo Stato conoscerebbero l’avvento di una robusta dose di concorrenza. La formazione ad esempio sarebbe gestita con un sistema di voucher in cui, piuttosto che trasferire fondi dallo Stato alle scuole, metterebbe le risorse nelle tasche dei genitori per far decidere loro dove mandare i propri figli a studiare. La sanità sarebbe invece amministrata con un modello basato sulle assicurazioni.

Su questi due ultimi punti tuttavia il programma di Milei è poco chiaro, non affrontando il vero nodo costituito dal limitato ruolo del governo federale in un sistema che affida la formazione e la sanità alle province.

Dollarizzare l’economia

Ma la vera proposta rivoluzionaria di Milei è quella di dollarizzare l’economia argentina. Un’idea che si scontra con una realtà riconosciuta anche dal collaboratore di Milei che ha concepito il piano, Emilio Ocampo: per dollarizzare la sua economia l’Argentina avrebbe bisogno di detenere in cassaforte molti più dollari di quanto disponga attualmente, soldi dunque che dovrebbero arrivare attraverso il rimpatrio dei risparmi in dollari detenuti all’estero o sotto i materassi.

Ocampo ha anche proposto di creare un fondo speciale sotto giurisdizione Ocse che includerebbe anche bond del Tesoro, debiti del fondo pensionistico pubblico e azioni dell’Azienda petrolifera di Stato.

Scetticismo

Come ricorda l’Economist, gli scettici non mancano. Si sottolinea ad esempio che sono poche le persone che vogliono comprare debito argentino o suoi derivati. Si evidenzia anche come il Paese fatichi a restituire il maxi prestito da 44 miliardi di dollari erogato nel 2018 dall’Fmi.

Non si capisce dunque da dove arriveranno i biglietti verdi per la dollarizzazione, e se Milei puntava sulla sua vittoria come effetto leva, i mercati gli hanno risposto facendo perdere un quinto del valore al peso dopo l’exploit alle primarie di agosto.

Non sembra inoltre credibile promessa di tagliare la spesa del 15% del Pil. Secondo gli ultimi dati ufficiali disponibili risalenti al 2021, la spesa pubblica in Argentina rappresenta il 38% del Pil, due terzi dei quali impegnati nella spesa sociale per voci come la formazione e la sanità.

E poiché la transizione di queste due ultime voci verso un nuovo sistema privatistico è un’impresa che richiederà lustri, la maggior parte degli opinionisti ritiene che Milei entro il suo primo mandato riuscirà a ridurre la spesa di non più del 5% del Pil.

Dubbi vengono nutriti anche sulla promessa di eliminare i sussidi in modo indolore, considerato che la loro rimozione avrebbe l’effetto di aumentare la già grave inflazione.


21 Novembre 2023 10:04



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