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Regionali: Lombardia e Lazio al centrodestra. Sconfitta netta del PD e flop di Azione-Moratti








RSI .CH

Regionali: Lombardia e Lazio al centrodestra In entrambe le regioni FdI primo partito. La Lega risale, sconfitta di PD, Movimento 5 stelle e Terzo Polo. L'affluenza crolla rispettivamente al 41,6% e al 37%, il dato più basso di sempr Il centrodestra sbanca alle Regionali, rafforzando di fatto, come commenta subito la premier italiana Giorgia Meloni, "l'azione del Governo". In Lombardia e nel Lazio i rispettivi candidati, Attilio Fontana e Francesco Rocca, sfondano quota 50%. Non lasciando dubbi sulla loro vittoria già dalle prime proiezioni. Ma il dato più clamoroso che emerge da queste consultazioni è l'astensionismo perché vota appena il 40% degli elettori. In Lombardia va il 41,67% degli aventi diritto ma il record assoluto è nel Lazio: solo il 37% si presenta ai seggi. Punta massima a Roma con il 33,11%, dato sconfortante se si pensa che alle precedenti regionali del 2018 nella Capitale andò alle urne il 63,11%. Nel centrodestra, in entrambe le regioni, i singoli partiti di maggioranza incassano complessivamente un buon risultato. La Lega tiene in Lombardia anche se non è più il primo partito della Regione. La forza politica guidata da Matteo Salvini, che comunque continua ad esprimere la figura del presidente Fontana, riconfermato al Pirellone, porta a casa un 16,5% (dato definitivo) che, seppur in netto calo rispetto al 29,6% di 5 anni fa, è pur sempre in crescita rispetto alle politiche di settembre quando incassò il 13%. Ora la prima forza politica nella regione, da sempre a trazione leghista, è Fratelli d'Italia che mantiene le posizioni con il 25,2% , senza sfondare però la linea conquistata a settembre: così come si temeva, soprattutto nella coalizione di centrodestra. Mentre Forza Italia pur avendo dimezzato i voti, passando dal 14% del 2018 al 7,2% di ora, tutto sommato tiene se si pensa che alle ultime politiche aveva preso il 6,8% e che l'aver perso un 'pezzo' del calibro di Letizia Moratti avrebbe potuto costare una sonora sconfitta. Storia questa che invece ha avuto tutt'altro sviluppo. La Moratti, già vice di Fontana alla regione, presentandosi come candidata del Terzo Polo, non solo alla fine non riesce a erodere alcun voto al centrodestra, ma registra nel complesso un flop fermandosi appena sotto il 10%. Sconfitta anche per Pierfrancesco Majorino (centrosinistra-Movimento 5 stelle) che raggiunge il 33,9%. Analogo il risultato elettorale nel Lazio dove i partiti della maggioranza riescono a scippare al Pd la guida della Regione che aveva visto Nicola Zingaretti confermato per due mandati. Fratelli d'Italia incassa oltre il 33% confermandosi primo partito e superando il risultato delle politiche quando aveva preso il 31,44%. Il Pd, tutto sommato resiste ottenendo quel 21% che è in linea con il 21,25% del 2018 e migliora rispetto al 18,32% delle ultime politiche. Non riesce, invece, l'exploit a Donatella Bianchi, la giornalista RAI scelta da Giuseppe Conte per competere con Alessio D'Amato. Lei si ferma al 12%. Ma i pentastellati crollano passando dal 27% di 5 anni fa a poco più del 9%. Alessio D'Amato porta a casa il 34%. Il segretario del Pd Enrico Letta punta il dito contro il M5S e il Terzo Polo dicendo che "l'Opa contro il Pd ha fatto male a chi l'ha tentata", mentre rivendica il fatto di essere ora "il secondo partito del Paese". Il voto delle regionali, comunque, è un test superato per il Governo della premier italiana Giorgia Meloni, ma (sono tutti concordi) non cambia di molto gli equilibri interni alla maggioranza: si consolida quindi la leadership di Giorgia Meloni nel centrodestra, ma gli alleati tengono - nel caso della Lega molto più dei pronostici della vigilia, soprattutto in Lombardia - e sono pronti già da domani (è la scommessa che fanno in molti), a ricominciare con i piccoli screzi, con i distinguo, che rischiano di rendere accidentata la strada del Governo. Da qui la necessità per Palazzo Chigi , si ragiona in ambienti della coalizione, di procedere senza "strappi". A impensierire Meloni più gli alleati che le opposizioni Ieri come oggi, insomma, a impensierire la premier sono più i partiti che la sostengono che le opposizioni. Certo, è un ragionamento che si fa in casa di Fdi, l'unica alternativa a questo Governo è il voto e un nuovo passaggio alle urne, dice un dirigente del partito "non sarebbe bello per loro". Perché certo, "hanno tenuto rispetto alle politiche ma se si fa il confronto con le ultime regionali...". L'attacco di Berlusconi contro Zelensky Le uscite di Silvio Berlusconi - che domenica ha oscurato l'appuntamento elettorale col suo affondo sull'Ucraina e su Zelensky - vengono derubricate a intemperanze. E, anzi, c'è chi osserva che di fatto hanno isolato l'anziano leader azzurro, visto che tutta Forza Italia, a partire dai ministri, si è schierata pubblicamente sulla linea atlantista e filo-ucraina del Governo. Le occasioni ad alto rischio: guerra in Ucraina, decreto benzina, giustizia, RAI, economia Contemporaneamente viene vista come un segnale di alleggerimento nei rapporti tra Palazzo Chigi e i suoi alleati la decisione del Governo di revocare la costituzione di parte civile nel processo Ruby-ter a carico del Cavaliere. Il viaggio a Kiev, assicurano peraltro dall'Esecutivo, resta in agenda e potrebbe avvenire a ridosso dell'anniversario (il 24 febbraio) dell'inizio del conflitto, se ci saranno le condizioni. Ma le occasioni ad alto rischio incidente sono molteplici, non solo in politica estera: per evitare di entrare in rotta di collisione il giorno dopo il successo elettorale, in commissione alla Camera slitta il voto sul decreto benzina, perché non si è ancora trovata una soluzione che soddisfi tutti gli alleati sul metodo con cui esporre i prezzi medi (Fdi ha proposto una app, Forza Italia insiste con il qrcode). Sulla giustizia - mentre ancora è fresco il caso Donzelli-Delmastro su Cospito - si potrebbe aprire un nuovo fronte, con Lega e Fi che, insieme al Terzo Polo, chiedono di accelerare sulla separazione delle carriere. Un asse, quella tra i due azionisti di minoranza dell'Esecutivo, che in prospettiva rischia di mettere i bastoni tra le ruote all'azione del Governo Governo che in primavera è atteso alla prova regina, quella delle nomine delle partecipate pubbliche. Una partita che potrebbe avere come antipasto la RAI. Meloni avrebbe preferito mettere la testa sul dossier della tv pubblica alla scadenza del cda. Ma le tensioni degli ultimi giorni esasperate dallo scontro su Sanremo, stanno cambiando l'orientamento e un cambio al vertice, anche se l'eventuale sostituto di Carlo Fuortes durerebbe un solo anno, viste le attuali regole. Sempre entro la primavera Meloni sarà chiamata a scrivere il suo primo Documento di Finanza Pubblica (DEF), che darà l'orientamento della politica economica, senza più la scusa del poco tempo a disposizione come con la manovra. E nel frattempo dovrà contrattate con Bruxelles la revisione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Tenendo a bada le pretese degli alleati che non faranno che intensificarsi anche in vista della nuova cavalcata elettorale. Quella per le elezioni europee del 2024. Quelle sì cruciali perché se andasse in porto il progetto di staccare il Partito Popolare Europeo (PPE) dal Partito del Socialismo Europeo (PSE) coltivato dai Conservatori - guidati da Meloni - cambierebbero completamente gli equilibri. Stavolta non a Roma ma a Bruxelles. Schlein: "Sconfitta netta, ora cambiare volti e metodo" "La sconfitta in Lazio e Lombardia è netta, malgrado gli sforzi generosi dei nostri candidati e di chi si è speso per la campagna. Ora bisogna cambiare per davvero, nella visione, nei volti e nel metodo. Solo così si potrà ricostruire un campo progressista e tornare a vincere insieme". Lo dice la candidata alla guida del Pd, Elly Schlein. "L'astensionismo altissimo è una ferita alla democrazia e temo che come a settembre interessi soprattutto le fasce più impoverite, che non trovano più rappresentanza. La destra si unisce e vince nonostante le sue contraddizioni. Noi dobbiamo fare la sinistra, che si batte per chi fa più fatica". Flop del Terzo polo, il mea culpa di Calenda Fallisce l''impresa del Terzo polo, che non spicca nei risultati delle regionali in Lombardia e Lazio, nè ruba voti a Pd e 5 Stelle. Flop, in particolare, di Letizia Moratti, e infrange così il sogno di vincere da sola contro il suo ex presidente, Attilio Fontana, riconfermato invece largamente al Pirellone. Ma se Matteo Renzi tace - assente da ogni radar per tutto il giorno - Carlo Calenda è impietoso nel suo mea culpa. "La scelta degli elettori è stata chiara e inequivocabile: vince la destra ovunque", è l'analisi del leader di Azione. Che poi ammette: "Il centro e la sinistra non sono mai stati in partita, neanche se uniti, neanche nell'ipotetico formato del campo largo". Per la lista, nata 5 mesi fa dalla 'strana coppia' Calenda-Renzi, che alle politiche aveva sfiorato l'8%, è il debutto alle amministrative. Sul Terzo Polo, come su tutti, si abbatte la scure dell'astensionismo record.


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