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Salvini, Meloni, Landini: la Triade contro il Green Pass






Se è vero che quella contro il virus è una guerra, tutti dovrebbero essere uniti per combatterla. Salvo certi politici e sindacalisti che vedono nelle catastrofi una occasione per differenziarsi alla ricerca di un disperato consenso non tra i "morituri", ma tra i sopravvissuti, che non avranno la memoria corta.

Peccato che l'epidemia Coranavirus non faccia distinzione di sesso, di razza,di religione.

Ha infierito più duramente sulle persone anziane perchè più fragili , ma i giovani non sono esenti, ed in goni caso sono portatori sani, incubatori per il virus.

Salvini e il Green pass “cazz… pazzesca”: «Il vaccino per i giovani non serve»

Il segretario della Lega Matteo Salvini ieri ha detto che il Green Pass per ristoranti e bar sarebbe «il casino totale, è una cazzata pazzesca». E ha strizzato l’occhio ai no vax parlando del figlio 18enne: «Mi rifiuto di vedere qualcuno che lo insegue con un tampone o una siringa. Prudenti sì terrorizzati no». «I dati dicono che l’85 per cento dei deceduti ha più di 70 anni. E sotto i 60, il tasso di mortalità è inferiore all’1 per cento. Va insomma completata l’opera egregia del generale Figliuolo, ma non se ne parla di imporre obblighi, specie ai più giovani. Dall’inizio della pandemia di Coronavirus, i morti tra i 10 e i 29 anni sono stati 85, vale a dire lo 0,1 per cento».

Salvini e il Green Pass

Il Capitano del Carroccio ha una ricetta tutta sua: «Mettiamo in sicurezza dai 60 in su, da 40 a 59 scelgano, per i giovani non serve. Per di più, se vogliamo il Green Pass per tutti, al momento finiremmo a ottobre, facendo saltare la stagione e le vacanze. Sarebbe devastante. E inutile». Ma sul Green Pass che decisioni prenderà la Lega in Consiglio dei ministri? «Per andare a San Siro, con 50 mila, o a concerti da 40 mila il Green Pass ha senso, ma sui treni pendolari no, per mangiare la pizza no. Mettiamo in sicurezza genitori e nonni senza punire nipoti e figli. E presto cambieremo il criterio sui colori delle regioni. Su 8 mila posti in terapia intensiva, oggi ne sono occupati 156, in calo rispetto a ieri. Usiamo il modello tedesco, niente Pass, ma buon senso, educazione, regole. In Francia l’hanno reso obbligatorio sia perché la campagna vaccinale aveva difficoltà, sia per il crollo di popolarità di Macron».


Giorgia Meloni ama ripetere che Fratelli d’Italia è il partito dei patrioti, e il primo e naturale dovere del patriota non è forse proprio quello di anteporre il bene della comunità nazionale ai propri desideri, persino ai propri diritti, e financo al più essenziale di tutti, il diritto alla vita? Siam pronti alla morte, o no? Qui invece sembrerebbe tutto il contrario: piuttosto che accettare la seccatura di una vaccinazione, o anche di un semplice tampone, allo scopo di ottenere il green pass, l’intera comunità nazionale può andarsene alla malora.

Come si spiega un tale capovolgimento ideologico? Il fatto è che non si tratta di un fenomeno solo italiano. Dagli Stati Uniti di Trump al Brasile di Jair Bolsonaro, paradossalmente, dinanzi alla minaccia alla salute pubblica rappresentata dal Covid sono proprio gli esponenti della destra più autoritaria a sposare un approccio ultra-libertario e ultra-individualista, quello stesso approccio che paradossalmente rifiutano quando si tratta di diritti e libertà civili.


Landini segretario della CGIL «Spero che sia il caldo», ha detto in un’intervista alla Stampa. «Io mi sono vaccinato e sono perché tutti si vaccinino. Ma qui, diciamolo, siamo di fronte a una forzatura». Anche Landini, insomma, è di quelli che “si sono vaccinati ma”. E il seguito è anche peggio. «Non va mai dimenticato – insiste – che i lavoratori sono cittadini e hanno i diritti e i doveri di tutti i cittadini». Parole a dir poco equivoche (come si applica questo discorso ai lavoratori della sanità, non sono forse cittadini anche loro? E ai lavoratori della scuola?). Quasi che chiedere di vaccinarsi per proteggere la propria e altrui salute rappresentasse un sopruso. Non per niente, il primo a schierarsi sulla stessa linea di Landini è stato il presidente della Camera, il grillino Roberto Fico.

Se Landini avesse accusato la Confindustria di parlare di green pass per non parlare di misure di sicurezza da osservare in azienda, se avesse condizionato il suo assenso al rispetto o all’ampliamento di quelle norme, se avesse ricordato le responsabilità degli industriali nella diffusione del contagio ai tempi della prima ondata, in particolare nel Nord del paese, ci sarebbe stato da discutere. Invece ha detto: «In questo anno di pandemia i lavoratori sono sempre andati in fabbrica in sicurezza. Rispettando i protocolli e le norme di distanziamento. Non sono le aziende che devono stabilire chi entra e chi esce». Il che è ovvio, e infatti sarà semmai il governo a stabilirlo. C’è bisogno di dirlo?

E che dire delle accuse rivolte alla Confindustria di Bergamo, un anno fa, che si sarebbe opposta a dichirare zona rossa Alzano Lombardo e paesi vicini, condannati invece dall'inerzia e codardia di Conte e Fontana?.

Dopo avere assistito al grottesco spettacolo della gara a saltare la fila, quando i vaccini erano un bene scarso, da parte delle più diverse categorie professionali (giornalisti compresi), assistiamo ora con il green pass allo spettacolo contrario: è certamente necessario, ma sempre per gli altri.

Se le classiche categorie della politica avessero ancora una qualche attinenza alla realtà attuale, sarebbe ragionevole attendersi questo genere di posizioni ultra-libertarie, per non dire anarco-individualiste, da partiti liberali e liberisti, dai più irriducibili sostenitori della libertà dell’individuo in contrapposizione a qualsiasi pretesa dello stato, della politica e dell’apparato pubblico, in materia di libertà economica o libertà civili.


Per lo stesso motivo, sarebbe stato ragionevole attendersi dai partiti della destra nazionalista una posizione diametralmente opposta, fondata sul principio secondo cui prima dei diritti dell’individuo viene l’autorità dello stato, e il bene della comunità nazionale prevale sempre sui diritti dei singoli.





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